Mia moglie è andata in menopausa

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Luigi è preoccupato perché sua moglie è triste, demotivata e spesso le viene da piangere. Aveva lasciato il lavoro di impiegata, quando l’azienda aveva cambiato città, per occuparsi della famiglia. Ma adesso i tre figli sono all’estero, i nonni vivono in un’altra regione e lei si sente inutile. Ma Luigi sospetta che la causa principale siano gli ormoni: da quando Giulia è andata in menopausa, e deve fronteggiare anche qualche disturbo fisico, sembra non trovare pace.

E lui si chiede se ci sia un modo per aiutarla ad attraversare questo “cambio di stagione” della vita. «Sarebbe bello se tutti i mariti avessero questa sensibilità», commenta Alessandra Graziottin, direttrice del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica dell’Ospedale San Raffaele Resnati di Milano. «Tanto più che la boa dei cinquant’anni rappresenta un passaggio esistenziale anche per gli uomini, e quindi per la coppia. Il primo consiglio – soprattutto dopo il periodo vissuto – è recuperare abitudini di vita amiche della salute. Alzarsi presto al mattino, indossare scarpe e abiti comodi, bere un caffè e uscire a camminare. Meglio se c’è la possibilità di prendere qualche lezione di nordic walking, la camminata con i bastoncini. I vantaggi sono immediati: postura corretta, spalle aperte, baricentro sui talloni e quindi riduzione del rischio di cefalee, dolori tensivi, mal di schiena, dolori alle anche, sovraccarico delle ginocchia e sull’avanpiede che peggiora l’alluce valgo. Il movimento quotidiano è il primo fattore di salute fisica e psichica e farlo in coppia, a cellulari spenti, aiuta anche il recupero del dialogo».

Perché? «L’attività fisica aerobica – camminare, nuotare, acquagym, bicicletta, pilates – può ridurre l’infiammazione di corpo e cervello fino al 30 per cento. Camminare nella natura, in compagnia di un marito affettuoso che dimostra di capire il senso di solitudine della moglie, col bel tempo, nel fresco della mattino e della luce che è un fattore antidepressivo, possiamo avere un miglioramento dell’umore anche senza farmaci».

Se non basta, è indispensabile fare qualche indagine: «Esami del sangue, per controllare che non ci sia un’anemia da carenza di ferro e acido folico: nel caso, integratori ad hoc aiutano ad aumentare l’energia fisica e mentale. E poi controllo di glicemia, lipidi, pressione sanguigna. E un’ecografia ginecologia per escludere fibromi o polipi, pap test, mammografia e una Moc per valutare la salute dello scheletro». A seconda della situazione, ci saranno degli aiuti che il ginecologo può dare: «Per esempio, oligoterapia e fitoterapie: magnesio, ferro, vitamine, aumento di frutta e verdura nella dieta. E l’agnocasto, usato già dai monaci farmacisti medievali per i disturbi delle donne. Camomilla, valeriana, magnolia cinese possono ridurre problemi di insonnia. Se ci sono invece alterazioni importanti, dolori, vampate e altri disturbi complessi, con il ginecologo si può considerare, valutando rischi e benefici, una terapia ormonale sostitutiva a dosaggio personalizzato. La grande sfida è allungare la longevità in salute, oltre che l’aspettativa di vita. Così possiamo accompagnare la donna nella transizione in una nuova fase dell’esistenza – che, non dimentichiamolo – dura in media 35 anni, con beneficio per lei e per la sua famiglia, sia sul fronte fisico che della salute psicologica che della relazione di coppia». Aggiunge padre Giovanni Calcara, del convento di Soriano Calabro (Vibo Valentia), «Il sacramento del matrimonio fa diventare la donna e l’uomo una carne sola. E ciò vale nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia. Il legame coniugale non è un’avventura, ma un impegno, che consiste nel mettere la propria vita, la propria serenità e affettività nelle mani dell’altro e viceversa. Tanto che il nuovo rito del matrimonio dice “io ricevo te in dono”, ti accolgo e ti valorizzo, senza una dimensione possessiva dell’altro. Vale la pena di riflettere anche su ciò che dice papa Francesco nell’esortazione apostolica Amoris Laetitia: l’amore non è mai lo stesso. Se alle base c’è un impegno comune, accetterò anche la trasformazione fisica ed emotiva dell’altro e il legame con lui: questi cambiamenti devono essere visti come una crescita. “Ci vogliamo bene come il primo giorno” è solo una frase fatta: anche il sentimento cambia, ma se accetto la debolezza dell’altro, la sua fragilità come mia debolezza e e fragilità – “una carne sola” – se accetto che l’amore non sia mai lo stesso ma un continuo confronto, allora l’amore non finisce neanche nelle difficoltà. Il voler bene non è per egoismo, per soddisfazione dei miei bisogni, ma per realizzare una Comunione con quella persona».

 


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