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Il ministro Bianchi ha presentato pochi giorni fa il Piano Scuola Estate. Un investimento da 520 miliardi per rafforzare gli apprendimenti e recuperare la socialità. Ne parliamo con l’assessore alle Politiche Sociali e Istruzione Maria Concetta Buttà, alla quale chiediamo una prima battuta a caldo su questa previsione che sta suscitando le più svariate reazioni.
«Facile dire… – afferma l’assessore Buttà- d’estate al Sud si va al mare e Bianchi pensa di tenere i ragazzi ancora a scuola. Il dato rimane. Anche quest’estate non sarà l’estate di sempre. Bisogna decidere e in fretta qual è la proposta, il volto adulto che vogliamo offrire ai nostri ragazzi in questo tempo d’estate. Il sole e il mare da soli non basteranno a sciogliere i nodi che più di un anno di Pandemia hanno innestato nelle loro vite».
Il Piano Scuola Estate sembra non aver trovato particolare entusiasmo né fra i ragazzi né fra gli adulti, genitori e insegnanti. Se così fosse, di cosa non si è tenuto conto?
«La Scuola è certamente quell’ambito a cui la Pandemia ha chiesto tanto. Tenere insieme il diritto allo studio e alla socialità, cucendoli volta per volta al diritto alla salute, è stata una impresa eroica che è stata ultimamente condotta dai dirigenti, dagli insegnanti e dal personale ATA. Comprendo benissimo che pensare ad un impegno estivo non è una decisione che si prende a cuor leggero, anche se la proposta del Ministero è in sé efficiente e apre ad una efficacia che gli riconosciamo. Con la fine dell’anno scolastico non si chiude l’azione della nostra amministrazione perché la Scuola rimane al centro del nostro impegno. L’estate servirà certamente ad una rivalutazione dell’adeguatezza degli spazi in vista della riapertura di settembre, ma fin da subito manifesteremo la nostra disponibilità ad una fattiva collaborazione a tutte le istituzioni scolastiche che volessero rispondere all’invito del Ministro Bianchi».
E se l’invito andasse deserto?
«Per quanto già detto, non mi sorprenderebbe. Lo stesso Piano Scuola, per la possibilità e l’efficacia delle azioni previste, rinvia ad un forte coinvolgimento del territorio. Ma in ciò che pone giustamente come risorsa, denuncia la sua debolezza. Riproponendo un modello che rinvia ultimamente alla co-progettazione e co-organizzazione più o meno efficace con gli stakeholders del territorio, il Piano rischia di affidare il mandato in una errata ottica scuola centrica, nella quale viene lasciata da sola a gestire un processo di cui non può e non deve farsi carico. Inoltre, se non abbiamo imparato dal Covid che occorrono risposte organiche e strutturali, cioè non legate al singolo progetto e/o emergenza, abbiamo perso davvero un’occasione. In tal senso abbiamo chiaro che occorre intraprendere un percorso comune, certamente lungo e impegnativo, che ci chiama alla proposta di un Patto di Comunità, unico e vero alveo in cui innestare quell’azione di cura della scuola intrapresa e che ritengo al centro del mio mandato».
Quali interventi è possibile intravedere nell’immediato?
«Contiamo fortemente sulla nuova previsione di risorse per i Centri Estivi, ma in attesa di una certezza delle risorse e di linee guida in tempi velocissimi e grazie allo strumento dell’accreditamento, stiamo già avviando una proposta che riguarderà le associazioni sportive, musicali, teatrali e ogni altra realtà del Terzo Settore che abbia una qualificata e pluriennale esperienza in ambito educativo. Questo inizio ci permetterà di rendere efficaci le eventuali risorse che arriveranno e che lo scorso anno hanno rischiato di essere totalmente perse dal nostro Comune, per poi essere recuperate in calcio d’angolo e investite per meno del 50%. Questa nuova forma di strutturazione d collaborazione con il Terzo Settore e la disponibilità che manifesteremo alle Istituzioni Scolastiche sulla loro eventuale adesione al Piano Scuola, non vuole esaurirsi in sé ma aprire a quella giusta prospettiva di collaborazione, attraverso cui sollecitare la comunità territoriale a siglare un vero Patto Educativo di Comunità, nella coscienza che solo prendendosi “cura” della propria scuola, potrà riconoscerla come proprio “bene” e sentire in essa il “battito della comunità».
Assessore non le sembra un obiettivo arduo in una fase in cui la vostra amministrazione ha solo sei mesi di vita alle spalle e i tanti problemi che già c’erano e altri che se ne presentano?
«Certamente che lo è. Aggiungo che sarebbe da dire impossibile se non mi facesse invece ben sperare l’attenzione che ho visto durante questi ultimi mesi all’interno dalla nostra comunità cittadina a quel vuoto di senso e di prospettiva che la Pandemia ha generato intorno ai nostri ragazzi».
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