Omicidio Mico Geraci a Caccamo: sindacati parte civile al processo

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La Uil si costituirà parte civile nel processo per l’omicidio del sindacalista Mico Geraci, uno di noi che è stato ucciso dalla mafia a Caccamo l’8 ottobre del 1998 per avere dato voce alla Sicilia degli onesti e dei lavoratori. La segretaria generale della Uil Sicilia, Luisella Lionti, ha dato mandato legale per la richiesta di costituzione di parte civile dell’organizzazione nel processo per l’omicidio dell’esponente sindacale, assassinato ventisei anni fa a Caccamo. L’udienza è fissata per domani. “Lo scorso anno, nel venticinquesimo della morte, avevamo ricordato Mico Geraci ancora una volta assieme ai suoi familiari e insieme con Pierpaolo Bombardieri e Carmelo Barbagallo. Avevamo chiesto verità e giustizia – Luisella Lionti dichiara – Oggi, anche con la nostra presenza in udienza, vogliamo esprimere gratitudine a magistratura e forze dell’ordine per aver voluto riaffermare i valori della legalità e il primato dello Stato sull’antistato”.

“Vogliamo ribadire – conclude la segretaria generale della Uil Sicilia – un’affermazione che, proprio da Palermo nella ricorrenza del delitto Geraci, era stata espressa dal nostro leader Pierpaolo Bombardieri che aveva denunciato come esista nel nostro Paese una illegalità diffusa che per noi deve diventare una questione culturale e che è uno dei temi sui quali sfidiamo il Governo ad agire in modo più deciso”.

Anche la Regione Siciliana, nell’udienza fissata per il 15 novembre, chiederà al Tribunale di Palermo di costituirsi parte civile nel processo per l’omicidio del sindacalista Mico Geraci, ucciso dalla mafia l’8 ottobre 1998 a Caccamo, in provincia di Palermo. Lo ha deliberato il governo regionale.

La storia di Mico Geraci

Da sindacalista che aspirava a diventare sindaco di Caccamo, Mico Geraci non aveva esitato a mettersi contro Cosa nostra, tanto che, secondo i boss, “era uscito pazzo” e “aveva superato ogni limite”. E proprio per questo, la sera dell’8 ottobre del 1998, era stato assassinato mentre tornava a casa. Mandanti di quel delitto sarebbero i fratelli Pietro e Salvatore Rinella, a capo della cosca di Trabia, arrestati a marzo scorso e per i quali adesso la Procura ha chiuso le indagini e si appresta a chiedere il rinvio a giudizio.

Che la matrice dell’omicidio fosse mafiosa è stato sempre chiaro, ma per anni – esattamente 26 – non si era riusciti a chiudere il cerchio. Grazie alle dichiarazioni più recenti di diversi collaboratori di giustizia – Emanuele Cecala, Andrea Lombardo e Massimiliano Restivo – il procuratore aggiunto Marzia Sabella e i sostituti Giovanni Antoci e Bruno Brucoli sono finalmente riusciti a individuare chi quel delitto – che “era una cosa che interessava a Bernardo Provenzano” – lo avrebbe ordinato, cioè i Rinella. Gli esecutori materiali dell’omicidio del sindacalista – sempre secondo i pentiti – sarebbero stati Filippo Lo Coco e Antonino Canu, che però furono eliminati a loro volta.


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