Quando la festa di nozze crea tensioni tra sposi e genitori

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La coppia vorrebbe pochi invitati, anche per contenere i costi, ma la mamma e i papà ci
terrebbero a coinvolgere persone a loro care. Come uscire dall’impasse?

Come attesta l’Istat, i matrimoni in Italia sono in calo (-6,7 per cento nei primi otto mesi del
2023 rispetto al 2022), ma la festa continua a essere un momento clou per molti che si
decidono al grande passo: secondo stime del portale Matrimonio.com, il costo medio delle
nozze è di 21.090 euro (luna di miele esclusa) con un giro d’affari di oltre 3.5 miliardi di
euro annui. In famiglia, però, quando si deve scegliere come celebrare l’avvenimento non
sempre tutto fila liscio, e non solo per ragioni di portafoglio: capita che la coppia, specie se
già convivente, vorrebbe una cerimonia semplice, con testimoni, parenti stretti e amici più
cari e senza troppo stress organizzativo. Una decisione rispettabile e di buon senso, che
però a volte delude i rispettivi genitori – e magari zie, nonni e altri familiari – che da anni
sognano di accompagnare i figli all’altare tra ali di folla e, talvolta influenzati anche da certi
programmi tv, di festeggiare con un ricevimento sontuoso. Che comprenda tutto il
parentado, anche i cugini di terzo grado che non si sentono da tempo ma “ci avevano
invitato dieci anni fa ed è arrivato il momento di ricambiare”.

Tra i fidanzati sorge così il
dubbio se seguire i propri desideri o rendere felici i genitori, per non rovinare in qualche
modo un giorno così importante. «È il contrasto tra chi accetta sempre le imposizioni
dell’altro con un certo spirito di sacrificio e chi invece tutela le proprie scelte a
prescindere», premette Benedetta Comazzi, psicologa a Milano. «Esiste una tendenza
che in psicologia viene definita “people pleasing”, un comportamento per cui una persona
sente il bisogno di accontentare gli altri anche a scapito dei propri bisogni e desideri per
sentirsi apprezzata e accettata, per una difficoltà intrinseca a dire di no. Così capita in
situazioni importanti, come il matrimonio, di accondiscendere ai voleri altrui poi di pentirsi o
comunque vivere male proprio quando ci si dovrebbe solo godere la festa».

È perciò
importante riflettere sul perché si ha così bisogno di ottenere l’approvazione di genitori e
parenti e chiedersi cosa si vuole davvero. Per cercare di far valere le proprie ragioni, è
opportuno servirsi di una comunicazione assertiva. Spiega la psicologa: «Innanzitutto
bisogna ascoltare le ragioni dei genitori: perché vorrebbero tutti questi invitati? Per loro è
un’occasione di riscatto dopo una vita di sacrifici? O perché è un momento di felicità e
celebrazione dopo un periodo molto difficile? Può essere un buon punto di partenza per un
confronto che, magari, porta ad accogliere la loro proposta in un’ottica diversa
dall’accettazione supina senza convinzione. Altra riflessione, chiedersi come ci si
sentirebbe durante la cerimonia e la festa con tanta gente che non si sente vicina al
proprio cuore e cercare di aprirsi con i genitori spiegando loro il proprio stato d’animo. In
ogni caso, si può tutelare la propria autonomia decisionale stabilendo dei confini e
cercando un compromesso: come mettere qualche limite agli invitti – magari gli stessi
interessati si sentono in imbarazzo a dover andare alla festa di persone che non sentono
da anni, considerando che è costoso anche partecipare – e alla sontuosità dell’evento. È
chiaro che è più semplice se non si hanno vincoli e, per esempio, la coppia gestisce in toto
le spese per il matrimonio, altrimenti entrano in gioco dinamiche materiali che esulano da
ciò che si vuole, ma che hanno comunque un peso da non sottovalutare».

Per padre Giovanni Calcara, domenicano del convento San Domenico di Palermo, «Per
molte giovani coppie il matrimonio, e in particolare la festa con la luna di miele, è la
realizzazione di un sogno. Ma la cerimonia suggella soprattutto l’inizio di una vita in Cristo
in cui la coppia non è più tale, ma diventa immagine dell’amore di Gesù: una piccola
chiesa domestica. Questa dimensione di comunione che la coppia manifesta, spesso alla
fine di una convivenza, rappresenta un momento importante anche per tutta la famiglia,

Padre Giovanni Calcara

parenti compresi che vogliono celebrarlo. Una cerimonia è anche un’occasione per
rinsaldare i legami familiari, non dimenticando che è la famiglia d’origine quella che ha
plasmato gli sposi, ha dato loro l’educazione, le tradizioni, li ha cresciuti facendo sacrifici.
La coppia e la famiglia d’origine non sono due monadi, c’è una dimensione della socialità-
comunione che va salvaguardata. Credo che gli sposi debbano essere un po’ più
comprensivi verso i desideri dei genitori, anche perché gli amici possono ritrovarli in tutte
le occasioni che vogliono, senza riservare solo a loro la festa di nozze. Non va trascurato il
fatto che, dopo, la coppia si troverà a dover fare i conti con questioni quotidiane importanti:
per esempio la cura dei nipoti, una mano per pagare il mutuo e altri appoggi che arrivano
dalla famiglia, più difficilmente dagli amici. Nulla toglie che i fidanzati possano essere più
incisivi nell’organizzazione della cerimonia, e quindi compiere scelte sobrie per ristorante,
bomboniere equo-solidali, abiti, viaggio e così via».

Mariateresa Truncellito
In “Maria con te” n. 19 del 12 maggio
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