Termini Imerese: u curtigghiu cu fumaloru

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Nella nostra città erano veramente tanti; ed infatti fin nei primi anni sessanta del novecento, in quasi tutte le povere case dei contadini, per la cottura dei cibi si utilizzava ancora la legna.

U fumaloru era quindi elemento indispensabile per la fuoriuscita dei vapori dovuti alla combustione.

Ma in quel vicolo cieco fatto di poche case e che ancora oggi si trova tra la via Ospedale Civico e la via Cannitello, la presenza di un fumaloru evidentemente venne considerato come un vero e proprio segno identificativo.

E così, quando si dovette denominare quel curtigghiu, si pensò bene di dargli il nome di Chiassuolo Fumaloro.

Ma perchè chiamarlo “chiassuolo” e non vicolo o cortile come spesso accadeva? Probabilmente, nel definirlo così, giocò un ruolo il fatto che il posto, oltre che essere angusto e semibuio, risultava essere pure maleodorante; e questo proprio a causa di quel fumo acre che inondava costantemente l’aria.

In ogni caso doveva trattarsi di uno spazio della nostra città che, proprio per questa sua caratteristica, era ben conosciuto fin dal lontano passato; ed infatti, come ben si vede dal documento in foto, il nome di “Chiasso Fumaloro” risultava essere presente già nello stradario.del 1878. Peraltro in quegli anni erano più di una decina i vicoli della nostra città che venivano denominati come chiassi o chiassuoli.

A Termini alta c’era per esempio il chiasso Badalì, il chiassuolo Arnone, il chiassuolo Ruderi e il chiasso Maltese; mentre nella parte bassa avevamo il chiassuolo David nei pressi del Corso Umberto e Margherita o il chiasso Catalano in via Salemi Oddo.

Il chiassuolo Fumaloro, e questo fin oltre gli anni settanta del novecento, era parecchio frequentato soprattutto con l’arrivo dell’autunno.

Qui infatti abitava don Totò; un contadino che vendeva del buonissimo vino a parti ri casa; e i clienti, non solo del vicinato, erano veramente tanti. Già al tempo di vendemmia l’odore acre del mosto si spandeva per tutto il vicolo; e il vino, che proveniva dai pregiati vigneti di contrada Canna, era particolarmente ricercato.
Come usava in quegli anni, per segnalare che in quel posto si vendeva vino, il contadino, come se fosse una insegna pubblicitaria, appendeva a punta ri cantunera e bene in vista, un bel ramo di carrubbo.
E a proposito di fumaloru eccovi alcuni modi di dire siciliani che hanno per tema proprio il fumo:
“Ogni lignu avi u so fumu” – “Giuramentu d’amuri e fumu di ciminìa l’acqua li lava e u ventu li carria” – “Lu fumu e la buttana fannu scappari l’omu di la tana” – “Travagghiu u nni voli e ammutta u fumu ca stanga”.

Contenuto a cura di Nando Cimino


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