Come gestire l’ansia del primo parto?

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Tante future mamme temono il dolore e gli effetti sul corpo. Ma condividendo i dubbi con degli esperti è possibile affrontare l’evento in serenità

Federica ha 26 anni ed è alla sua prima gravidanza. Al parto mancano ancora tre mesi, ma comincia già a sentirsi preoccupata: ha paura dell’evento, dopo aver ascoltato racconti di esperienze di ogni tipo che le hanno fatto prima sua madre, poi varie amiche.

Il dolore, le conseguenze fisiche, i punti, l’incontinenza, la difficoltà a riprendere i rapporti sessuali col marito… Davvero tutto questo toccherà anche a lei? «È vero, le esperienze vissute dalle amiche possono mettere ansia. D’altra parte, ognuna racconta quello che le è capitato, e non è nemmeno giusto ammantare il parto di bugie idilliache», premette Simona Rustici, puericultrice milanese e ideatrice della piattaforma on line Quantum Bebè (quantumbebe.com) attraverso la quale propone una serie di corsi ad hoc – dal preparto al primo anno di vita del bambino, in presenza, a distanza e on demand – per offrire a mamme e papà gli strumenti necessari per vivere al meglio la loro nuova genitorialità.

Corsi chiari, spazi di confronto, possibilità di essere seguiti in presenza, a distanza e on demand. «Però è importante sottolineare che la percezione del dolore è soggettiva, più o meno alta, e quindi non tutte le donne lo vivono allo stesso modo. Seconda caratteristica bellissima delle mamme è che il dolore che si prova mettendo al mondo un bambino poi in parte si dimentica, altrimenti nessuna lo affronterebbe una seconda volta!

È un momento intenso, che però poi viene surclassato dal piacere di avere il proprio piccolo tra le braccia e dal legame che si crea con lui. Ancora, non bisogna mai dimenticare che noi donne siamo fortissime, molto più di ciò che pensiamo».

Oltre a ciò, ci sono modi per arrivare al momento del parto più preparate e quindi più serene: «Molto spesso la paura è causata dalla mancanza di conoscenze, e quindi è importante che le future mamme si informino, anche dal loro ginecologo o da un’ostetrica, su tutto ciò che può aiutarle.

Per esempio, esercizi che “allenano” il pavimento pelvico migliorando l’elasticità e la circolazione sanguigna, rendendo anche il parto più veloce, o il massaggio del perineo dalla trentaquattresima settimana che rende anche il “dopo” meno traumatico o, ancora, esercizi di respirazione toracica per ampliare i polmoni e di respirazione consapevole e di visualizzazione per spostare l’attenzione dal dolore e rilassarsi.

Poi ci sono tecniche che entrano in gioco al momento del parto, come la possibilità di farlo nell’acqua o preceduto da impacchi d’acqua fresca o calda o, di nuovo, da massaggi ad hoc o dall’utilizzo di altre pratiche offerte dai singoli ospedali con reparti maternità all’avanguardia, in genere illustrati durante i corsi preparto: tutte possibilità che la mamma dovrebbe poter valutare prima, per decidere se fanno o no per lei».

Se il timore del dolore è molto, si può anche optare per un ospedale che offra maggiori possibilità di avere l’anestesia epidurale: «Le donne devono scegliere ciò che ritengono meglio per sé e per il loro bambino, senza sentirsi sbagliate e senza timore di essere giudicate», continua l’esperta.

«Il parto non è una performance, e ciò vale anche per il dopo e la relazione di coppia: al di là delle conseguenze fisiche del parto, del possibile baby blues (la depressione post parto), dello scombussolamento ormonale e del calo del desiderio legato all’allattamento, il momento “giusto” per riprendere i rapporti con il marito è soggettivo, c’è chi ha bisogno di più tempo di quello che si legge nei manuali, ma è assolutamente normale».

In generale, può essere utile un colloquio sereno con un’esperta che rassicuri e possa dare consigli, ma le “parole d’ordine” per ogni giovane donna che si sta preparando mentalmente al parto e a ciò che seguirà sono «Delicatezza, gentilezza e ascolto di sé. Con molta pazienza», conclude Simona Rustici, «senza prendere ciò che si legge o si sente come eventualità ineluttabili e “oggettive”.

Ogni nascita è una storia a sé e ogni donna – e il suo bambino –  ha la sua storia». Per padre Giovanni Calcara, domenicano del Convento San Domenico di Palermo, «Affrontare l’esperienza della nascita per la prima volta è entrare in una dimensione bella, unica ma che legittimamente può provocare ansia. Anche la Sacra Scrittura dice che quella con le doglie “è la donna che soffre di più al mondo”.

Padre Giovanni Calcara

Ma poi, dopo il parto, è anche la donna più felice per avere generato. L’immagine del parto è quella della redenzione cosmica dell’umanità. San Paolo dice che la Creazione stessa geme e soffre nelle doglie del parto, il dolore come prodromo paradossale della gioia. La donna che diventa madre coopera alla volontà di Dio, partecipando al suo progetto di dare luce a una nuova vita: una dimensione straordinaria, un privilegio che spetta alle donne e il parto ne è la conclusione naturale. Poi, i corsi di preparazione al parto, l’anestesia, la vicinanza dei genitori della ragazza e di quelli del marito sono sicuramente d’aiuto, così come possono esserlo amiche o sorelle che valorizzano la bellezza dell’esperienza, pur ammettendo che ci sono dei “passaggi” necessari per viverla. L’importante è non lasciare mai sola la donna, al di là della presenza del marito, né prima, né durante né dopo il parto».  


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