Chi è Vito Schifani: l’agente della scorta di Falcone morto nella strage di Capaci

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Vito Schifani nasce il 23 maggio del 1965, a Palermo. È un ragazzo dinamico, allegro e divertente. È un tipo sportivo; sin da subito si appassiona all’atletica leggera e ben presto si specializzerà nelle gare dei 400 metri. È così bravo che diventa un atleta del Cus di Palermo e gareggia con successo a livello regionale.

Al termine del suo percorso di studi decide di arruolarsi in Polizia. È una scelta consapevole la sua, il suo alto senso dello Stato e delle Istituzioni lo portano a compiere questa scelta di vita con profonda responsabilità e dedizione. Vito ama viaggiare e gli piace volare, tanto da diventare presto anche un pilota di secondo grado. Prese infatti il brevetto di volo all’Aeroclub Beppe Albanese di Boccadifalco.

Aveva una voce unica leggermente afona in radio nella frequenza di Boccadifalco era riconoscibilissimo tra tutti i piloti. Avrebbe potuto anche non presentarsi… era comunque lui.

Giuseppe De Michele – compagno di volo e d’aeroclub

Un filmato inedito di un volo andata e ritorno da Palermo a Crotone pubblicato da Repubblica, un ricordo privato di Giuseppe De Michele, ci mostra Vito per com’era, scherzoso, dinamico, divertente, appena dieci giorni prima di quel tragico 23 maggio del ’92.

Ancora molto giovane incontra Rosaria, una giovane ragazza dai capelli bruni e lo sguardo profondo, di cui ben presto si innamora. Giovani e felice decidono di coronare il loro sogno d’amore sposandosi e progettando una famiglia insieme.

Intanto, grazie alle sue spiccate qualità, alla sua rettitudine morale e alla sua professionalità viene assegnato al servizio scorte di un magistrato impegnato in prima linea nella lotta contro la mafia, Giovanni Falcone. Pur consapevole degli alti rischi che corre, Vito assolve al suo dovere sempre con il sorriso, è convinto che solo combattendo dalla parte dello Stato le cose possano davvero cambiare ed è perciò orgoglioso di essere quotidianamente affianco di quell’uomo che, in una terra così martoriata, sta sfidando e mettendo in ginocchio Cosa Nostra.

Anche se molto giovane è già un poliziotto molto apprezzato, tanto che gli vengono spesso affidate particolari missioni e servizi investigativi speciali contro le cosche mafiose. Trascorre le sue giornate dividendosi tra il servizio prestato allo Stato, la sua passione per l’atletica e la sua Rosaria, che nel frattempo lo rende papà. Ed è proprio la nascita del piccolo Emanuele a spingerlo a prendere la decisione di lasciare il servizio scorte: Vito vuole dedicarsi con più tranquillità alla sua famiglia, passare più tempo con sua moglie e con il piccolo Emanuele, Bibi, come lo chiamava lui. È un papà dolce e affettuoso, ogni giorno, al ritorno dal lavoro, trascorre il suo tempo giocando con lui, lo riempie di coccole, si rotolano insieme sul letto, lo stringe stretto al suo petto.

Capaci. 23 maggio 1992

E così, finalmente, arriva il suo ultimo giorno di servizio scorta: è il 23 maggio del 1992. Quella che dovrebbe essere una data felice ben presto però si trasformerà in una tragica ricorrenza. La vita di Vito verrà stroncata quel sabato afoso di maggio da una violentissima esplosione messa appunto da Cosa Nostra per fermare quel giudice.

Giovanni Falcone è da poco atterrato da Roma all’aeroporto di Punta Raisi insieme a sua moglie, Francesca Morvillo. La scorta è lì ad attenderlo per scortarlo. Vito è alla guida della prima delle Fiat Croma, quella marrone, seguita dalla Croma bianca guidata dallo stesso Falcone e dall’altra Croma azzurra guidata da altri agenti della scorta che chiude il corteo blindato. Tutto sembra tranquillo, ma così non è. Qualcuno, da qualche parte, li osserva, aspetta che passino su quel tratto di autostrada vicino alle cementerie, nei pressi dello svincolo da Capaci.

Sono le 17:58 quando la mafia compie la sua vendetta stroncando la vita di Vito, quella del giudice, di sua moglie e di altri due agenti della scorta, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo. Quell’esplosione di più di 400 chili di tritolo sventra l’asfalto, apre una voragine di più di 50 metri, fa strage, crea morte. La Croma guidata da Vito è quella travolta con più ferocia dall’esplosione, tanto da essere sbalzata a metri di distanza interrompendo all’istante la vita di un poliziotto promettente, dedito al lavoro, di un uomo che crede fortemente nella giustizia, di un marito e di un padre, che lascia una moglie di soli 22 anni e un figlio di appena 4 mesi.

Memoria viva

L’associazione Quarto Savona Quindici nasce dall’iniziativa di Tina Montinaro, moglie di Antonio. L’obiettivo è quello di mantenere viva la memoria della strage di Capaci del 1992, “trasformando il dolore in azioni concrete”.

Lo Stadio delle Palme “Vito Schifani”, in viale del Fante, è lo stadio di atletica della Città di Palermo, dedicato all’agente .

Noi non abbiamo vinto, perché il cuore ha cicatrici che non si rimarginano, ma loro hanno perso tutto: hanno perso la libertà! Io posso guardare la vita con gli occhi di una persona pulita, loro vivono braccati come dei topi, nascosti; io posso vivere alla luce del sole, loro invece non se lo possono permettere. La mafia è morte, la mafia è buio, è un baratro dove non c’è luce!
Rosaria Costa – moglie di Vito

FONTE


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