Quei chili in più bambini nemici del bambino

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I figli sovrappeso rischiano in termini di salute psicofisica. Bisogna stabilire fin da piccoli un corretto rapporto con il cibo per una crescita pienamente equilibrata.

Agata è un’insegnante di lettere alle medie e mamma di Martina, 6 anni, e Flavio, 3. La prima, tre chili e mezzo alla nascita, ha da sempre un ottimo appetito. Il secondo, un chilo in meno al parto, tutto il contrario: è assai meno goloso e a tavola dà meno soddisfazioni.

Così lei ancora oggi è bella paffuta, lui, invece, esile, anche se in perfetta salute. Agata ha deciso di portarli da una pediatra esperta di nutrizione alla quale esporre le sue ansie di mamma di “un maschietto magrolino”. Ma, dopo averla ascoltata, la dottoressa le ha detto: «Signora, il bambino sta benissimo. Quella troppo cicciottella è sua figlia. Adesso le prendiamo le misure…».

In Italia il 21,3 per cento dei bambini è sovrappeso e il 9 per cento è obeso, con prevalenze più elevate al Sud e al Centro e siamo tra i peggiori Paesi in Europa. «Tra i nostri bambini sono molte diffuse  abitudini alimentari scorrette e poco salutari, associate a uno stile di vita poco attivo e sedentario», spiega Benedetta Raspini, biologa nutrizionista, specialista in Scienza dell’alimentazione.

«Il sovrappeso e l’obesità infantile sono importanti fattori di rischio per lo sviluppo di malattie croniche già in adolescenza e poi, più tardi, in età adulta. Il bambino paffuto fa tenerezza, ma attenzione agli effetti collaterali per la salute: problemi respiratori, facile affaticamento, diabete, eccessivo carico sulle articolazioni. L’obesità infantile, inoltre, rappresenta un fattore predittivo di obesità nell’età adulta. Oltre ad avere una maggiore predisposizione a continuare a essere sovrappeso, la persona ha più rischio di ipertensione, coronaropatie, diabete, ipercolesterolemia, artrosi». Ma non vanno sottovalutate nemmeno le tante le ricadute psicologiche e sociali. Continua l’esperta: «I bambini più grassottelli possono sentirsi a disagio e vergognarsi, possono manifestare stati di ansia e depressione, fino al rifiuto del proprio aspetto fisico; sono inoltre spesso vittime di scherzi da parte dei coetanei, condizione che può portare alla perdita di autostima e a sviluppare un senso di insicurezza che, a sua volta, può condurre all’isolamento. Il bambino si chiude in se stesso, tende a uscire meno di casa e a passare più tempo davanti alla tv, instaurando un circolo vizioso che porta a una condizione nota come “iperalimentazione reattiva”: il cibo diventa una sorta di compensazione a fronte di stati d’animo ansiosi o depressivi». Perciò a tavola  bambini hanno bisogno di essere indirizzati e formati, soprattutto durante i primi anni di vita.

«Se impareranno buone abitudini alimentari fin da piccoli, quasi sicuramente diventeranno queste “le linee guida” che li accompagneranno durante la crescita, e anche da adulti. Ci viene in aiuto la Piramide Alimentare, che è anche espressione della nostra Dieta Mediterranea. Alla base ci sono gli alimenti da consumare più spesso,  all’apice quelli da limitare il più possibile: frutta e verdura (di tutte le varietà e colori) cinque porzioni al giorno, poi, sempre tutti i giorni ma in quantità variabile, cereali integrali (pane, pasta, cereali in chicco), quindi latte e yogurt, olio extravergine di oliva e frutta secca. Al centro della Piramide ci sono i legumi, da associare a pasta, riso, orzo, … con quattro-cinque porzioni settimanali; il pesce tre-quattro volte a settimana; la carne, tre volte a settimana al massimo; il formaggio, al massimo due volte a settimana; le uova, non più di due-quattro settimana; una sola volta alla settimana gli insaccati. In vetta si trovano i dolci, gli snack salati e le bibite, che dovrebbero essere consumati solo una volta ogni tanto». Infine, conclude Benedetta Raspini, «Meno tempo davanti allo schermo di telefonini, tablet o tv e più attenzione al sonno, meno divano e più attività fisica, meglio all’aperto.  È la ricetta di prevenzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità da associare alla sana alimentazione. Oltre a favorire la crescita fisica e cognitiva, il gioco e lo sport aiutano lo sviluppo sociale dei bambini e offrono un’opportunità di espressione personale, di interazione e integrazione sociale, con conseguenze positive sulla costruzione dell’autostima e delle competenze e abilità utili per la vita futura».

Per padre Giovanni Calcara, domenicano del convento di Soriano Calabro (Vibo Valentia), «Noi preghiamo perché il Signore ci dia il nostro pane quotidiano, per la crescita umana, ma anche quella spirituale, che ci permette di vivere in armonia con le nostre esigenze reali. Quando i genitori vivono con apprensione l’idea che il bambino debba “crescere, crescere, crescere” il rischio è di perdere il senso del necessario a favore dell’eccesso, e la salute ne fa le spese. E c’è anche il pericolo che il ragazzino si senta ancora più inadeguato a confronto con i modelli proposti dai media e dai social che poco hanno a che fare con la realtà. I disturbi alimentari, per ipernutrizione o malnutrizione, sono il segno di una vulnerabilità sempre più diffusa e il risultato di una mancanza di equilibrio a livello psicologico e affettivo, in ambito familiare, scolastico, sportivo e sociale. Il crescere “in età, sapienza e grazia”, sul modello di Gesù, passa attraverso la mediazione gli educatori: la famiglia, innanzitutto, ma anche le mense scolastiche che dovrebbero educare di più al consumo della frutta e della verdura, per esempio, e lo stesso dovrebbe fare la scuola valorizzando di più l’educazione fisica e l’educazione alla salute».

 


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