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Ma cosa accadeva a Termini Imerese ancora in quegli anni nel momento della Resurrezione? Ebbene al suono delle campane, e soprattutto nei quartieri popolari, si scatenava una bolgia indescrivibile. Secondo antiche credenze si riteneva infatti che dopo la morte di Gesù, il diavolo avesse preso il sopravvento; ed ecco quindi che la Resurrezione, ansiosamente attesa, veniva percepita come una liberazione.
Per le vie tanti si precipitavano a batter pentole e coperchi, suonar trombette e gridare a squarciagola. Anche qualche cacciatore imbracciava il fucile sparando pericolosamente in aria; le donne uscivano davanti casa e con una tavoletta od un mestolo di legno, cosa di cui ho personali ricordi, battevano sulle porte urlando: “Nesci riavulu, trasi Signuri, arrivisciu lu Sarvaturi”.
Gli stessi bambini, incoraggiati dai grandi, percorrevano di corsa le strade del rione gridando; e tanti, legate ad una funicella, trascinavano vecchie latte recuperate qua e la facendo un gran frastuono. Anche la radio che in quei giorni ed a differenza di oggi, aveva trasmesso solo musica sinfonica, rimandava in onda ballabili ed allegre canzonette. Pure i pastori rimettevano a capre e buoi i campanacci che erano stati tolti per non fare rumore; e qualcuno, festosamente, ne agghindava le corna con nastrini colorati.
Solo folklore e superstizione? Probabilmente c’era anche quello. Ma certo non si può dire che quella riforma, così come le altre che seguirono con il Vaticano II°, oltre a ridimensionare la cosiddetta religiosità popolare con le sue usanze e le sue tradizioni, finirono con l’indebolire la chiesa stessa.
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