Termini Imerese: “u campusantu da signura”

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Villàurea, o meglio a Signura come tanti termitani la chiamano, aveva anche un cimitero dove a morte venivano seppelliti i contadini che li abitavano. E’ per me un luogo del cuore; li infatti furono tumulati anche i miei antenati che, insieme ad altri e sin da inizio ottocento, avevano popolato quel borgo voluto da Don Francesco De Michele di Napoli, Barone di San Giuseppe di Termini e pari di Sicilia.

Il cimitero, oggi ridotto ad una pietraia, si trova a poche centinaia di metri dalla borgata; e per raggiungerlo bisogna percorrere una impervia stradina che scende tra le ubertose campagne dirigendosi in basso verso le sponde del fiume Imera settentrionale, popolarmente conosciuto come “U ciumi ranni”.

Se pur diroccato si vede ancora il vecchio muro in pietra che ne faceva da recinto; ed in un angolo si intuiscono i resti di quella che doveva essere una cappella. Ormai coperto da terra e vegetazione si intravede pure una sorta di ipogeo artificiale che probabilmente fungeva da fossa comune; i signurara quindi, che in vita il destino aveva unito nel duro lavoro dei campi, si ritrovavano vicini anche nella morte.

E’ un luogo dal fascino indescrivibile, un luogo che trasuda storia; e li, come ultimo guardiano aggrappato all’arida terra, resiste ancora un vecchio cipresso. Ci vado ogni tanto per ritemprare lo spirito e spolverare antichi ricordi; che anch’essi rimangono ormai seppelliti nell’ammuffito cassetto della memoria. A questo luogo ed a queste pietre ho voluto dedicare anche delle rime che propongo a voi e che hanno per titolo proprio…

CAMPUSANTU

Sulu un cipressu arristò
a fari cumpagnia a quattru petri stanchi,
sparpagghiati ni ddù chianu
‘ncapu o ciumi ranni.
Petri spersi,
comu l’ossa di tanti Signuràra,
ca ni ddà terra vurricàru suduri e spiranzi.


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