Suicidio carcere Termini Imerese: l’allarme del sindacato di Polizia Penitenziaria

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Dopo la notizia del suicidio avvenuto venerdì scorso nel carcere “Antonino Burrafato” di Termini Imerese (clicca qui per approfondire), il sindacato Spp (sindacato di Polizia Penitenziaria) ha lanciato un allarme con un comunicato stampa.

«Il nuovo suicidio di un detenuto disabile, che aveva una protesi, e con problemi di droga nel carcere di Termini Imerese – afferma il segretario generale dell’Spp (sindacato di polizia penitenziaria) Aldo Di Giacomo -, fa salire a 74 il numero complessivo di suicidi. Un conteggio persino controverso secondo le varie fonti a riprova dell’esplosione dell’emergenza suicidi non adeguatamente indagata. La strage silenziosa, è il terzo suicidio in tre giorni nelle carceri siciliane su nove dall’inizio dell’anno solo nei penitenziari dell’isola, conferma che va bene il decreto legge del governo Meloni per non far uscire criminali e per intensificare la lotta alla mafia ma adesso si deve pensare a tutelare chi sta in carcere e con problematiche particolari».

«E’ sempre più alto tra le vittime il numero di detenuti con problemi di droga o psichiatrici e di giovane età – aggiunge Di Giacomo -. Sono loro, insieme agli extracomunitari, le categorie sociali più vulnerabili, oltre ai più giovani. Come il minore salvato in extremis a Cagliari da agenti penitenziari che dall’inizio dell’anno hanno fatto interventi simili per alcune decine di detenuti. La circolare del Dap e la task force istituita dal precedente ministro Cartabia si sono rilevati fallimentari ad intercettare il grave disagio, soprattutto psicologico, diffuso in particolare tra queste categorie, trasferendo ogni responsabilità ai provveditori e ai direttori di istituto. Purtroppo è troppo facile procedere al classico ‘scarica barile’ delle responsabilità pur sapendo che né provveditori né direttori dispongono di risorse umane, che siano psichiatri o psicologi, e finanziarie, strumenti e strutture per intervenire».

Secondo l’Spp non va neanche bene, come è accaduto sinora da parte del Dap, invitare i provveditori a garantire una particolare attenzione alla formazione specifica del personale, attraverso cicli di incontri a livello centrale e locale, destinati a tutti gli attori del processo di presa in carico dei detenuti. Serve qualcosa di più: «Noi da tempo – aggiunge Di Giacomo – che abbiamo proposto l’istituzione di sportelli di sostegno psicologico, tanto più contando su almeno 3 mila laureati in psicologia che nel nostro Paese non lavorano con continuità oltre all’assunzione straordinaria di mediatori culturali, laureati in lingue anche africane. La premier Meloni ha inviato ieri un primo segnale di impegno sulle problematiche del nostro sistema penitenziario. Si deve fare di più e meglio: questa strage silenziosa deve finire con misure e azioni concreti».

 
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