Troppi suicidi in provincia di Palermo: uno scoglio di risalita per chi è in difficoltà

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Nei giorni scorsi abbiamo appreso l’ennesima, tragica notizia di morte provocata. Questa volta si tratta di un ragazzo di soli ventidue anni…Non è il primo caso, ne abbiamo raccontati purtroppo tanti nei mesi scorsi e, col dolore agghiacciante, sappiamo che probabilmente non sarà l’ultimo perché si stanno a ricercare cause di tutti i contesti intimi, spesso anche con curiosità, pregiudizi, poca sensibilità cercando quale sia il motivo scatenante l’estremità del disagio, del dolore, di ciò che supera il sopportare, il restare per lottare qualsiasi problematica o avversità, il non riuscire a trovare soluzioni…perché il più delle volte tutto resta affogato dentro senza risalire.

E non stiamo sempre a trovare il modo sciatto e blando, apatico di concludere il tutto con il solito scaricare alla figura dei professionisti il dovere aiutare per il più delle volte ad un gesto drammatico in cui si pone il freno ad una esistenza, ai risponde cercando suzione nei centri d’ascolto dove è raro si arrivi ad andare, se succede bene, ovvio, ma il più delle persone nascondono la propria sofferenza per paura del giudizio, di essere criticati, non capiti e la loro
” battaglia” la affrontano da soli, nel loro buio, cercando come possono, in una fragilità emotiva che attanaglia magari già provata da più situazioni sia esterne che interiori che diventando un tutt’uno, creano inquietudine, destabilizzando emotivamente la persona fino all’ultimo crollo dal quale poi, non sempre, si risale.

Senza andare a ricercare qualsiasi reale problema, oggi una buona parte delle responsabilità ce l’ha questa società moderna che nelle sue relazioni umane non ha più voglia di ascoltare, di trovare tempo, voglia per i problemi degli altri perché la gente vive nell’isolamento, nel dare poca attenzione a chi, anche se direttamente non viene a chiedere aiuto, ha bisogno di quel senso almeno minimo del potersi rapportare con l’altro.

Non serve il professionista nell’immediato, servirebbe in primis il calore umano, la non esclusione, la capacità di porgere la mano, di un sentire un grido muto, l’orecchio alla necessità di esserci non solo per se stessi, per le proprie giornate, ma per trovare spazio in quel tempo, per l’amico, per il parente, per il conoscente che magari, in quella considerazione data, in quel piccolo rispetto di sentimenti in quell’ animo turbato che forse ha bisogno di poter trovare un terreno di fiducia e di sfogo, faccia sentire meno soli.

Siamo persone che vivono a volte problemi comuni: confrontarsi, mettersi accanto, dona forza a chi sta lottando. Oggi, in un mondo tutto incentrato sui social, si vive di falsa apparenza. Giovani che hanno milioni di followers sul web e poi nella vita reale non hanno possibilità di vivere in un contatto vero fatto di stima, fiducia, affetto sincero. Non mancano i problemi ma non manca però, dobbiamo ammetterlo, questo disorientamento sociale. Si vive nel rumore quotidiano esterno, ma poi ci si chiude nel silenzio d’animo che è il primo ad uccidere assieme a quelle forme di poca attenzione e menefreghismo che sta prevalendo e diventando cancrena.

E allora, molte volte, fra una corsa e l’altra, troviamo il tempo per fare quella telefonata, quel messaggio, quella passeggiata, per prendere quel caffè, mangiare quella pizza, per sedersi un attimo e far parlare chi, aspetta un nostro cenno per sentirsi un po’ meglio, per affrontare, per avere più forza e per aggrappare quella mano, per salvarla dal precipitare nel vuoto di sé stessi, del non saper tornare indietro. Una mano nel momento giusto salva cento mani.

SCOGLIO DI RISALITA

Non mollare mai
dinanzi a ciò di più brutto
che c’è in questa vita;
non cedere mai
alla disperazione,
a ciò che ha fatto perdere ogni illusione,
tolto la voglia,
la speranza di risalita,
spento ogni sorriso,
fatto precipitar la quota della meta stabilita.
Tutto è una dura prova,
la vita
castiga senza una colpa e
spesso senza premiare;
affligge senza consolare,
sorride poco non ascoltando gemiti,
pianti e paure,
va avanti costringendo a battaglie sempre più dure.
È sempre più difficile sciogliere robuste funi,
distruggere barriere, spezzare catene,
uscendo dalle proprie pene
senza mai trovare,
un appoggio sicuro,
quel muro
sul quale appoggiarsi per non cadere…
e invece, fa scendere giù,
sempre più giù,
sempre più in basso,
dov’è profondo
dove nessuno sembra poter sentire…
c’è sempre però una scala con cui poter risalire,
una corda da scalare,
anche se c’è poco slancio o spinta per
ricominciare…
si preferisce
arrendersi al proprio mare,
accettando di dover annegare,
affondando lentamente
senza voler tentare piu’ niente.
È proprio lì che non bisogna perder la fiducia,
importante è trattenere ancor più il respiro,
trovando la forza di riemergere
rimanendo a galla anche se
in mezzo all’oceano deserto,
aspettando quella zattera
che sembra ritardare
ad arrivare
stentando a farsi trovare.
Sarà quando le gambe inizieranno
a cedere essendo stanche
che scorgerai poco lontano
una roccia resistente
sulla quale posarti:
un’oasi sconosciuta, inattesa,
mai immaginata ,
sollievo di
speranza,
premio di una
fiducia
mai abbandonata.
Matilde La Placa
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