Prendendo coscienza del proprio corpo in fase di sviluppo, anche per imitare rapper e
influencer famosi, capita che gli adolescenti mettano (troppo) in risalto il proprio fisico. Che
fare?
La scoperta avviene per lo più per caso: sbirciando sullo schermo dello smartphone
mentre la ragazzina lo sta compulsando oppure perché ce lo ha detto una nonna, una zia
o un’amica “social”.
Nostra figlia, appena quattordicenne, pubblica foto ammiccanti su
Instagram e video di balletti un po’ sexy su TikTok. O magari è nostro figlio quindicenne
che ha cominciato ad andare in palestra e si scatta selfie narcisistici con i pettorali in vista
e li condivide con amici e follower…
I genitori, pur orgogliosi, disapprovano questo
esibizionismo: è un eccesso di vanità, ma, soprattutto, sono preoccupati perché qualche
coetaneo potrebbe condividere le immagini con altri o sentirsi autorizzato a prendersi
libertà con commenti o messaggi, o, peggio ancora, perché potrebbe farsi avanti qualche
adulto malintenzionato, magari fingendosi chi non è… Paure legittime, con tutto quello che
si succede nella cronaca? O ansie eccessive, in un mondo dove immagini e video auto-
prodotti dai ragazzi sono migliaia?
«Quando parliamo di adolescenti, il “narcisismo” è un
aspetto intrinseco della fase di vita che stanno attraversando», premette Benedetta
Comazzi, psicologa a Milano. «Scoprono il loro corpo in via di cambiamento e il suo
potenziale. È come se si ritrovassero con una bomba tra le mani: se non imparano a
maneggiarla con estrema cura, il rischio di un utilizzo improprio è che esploda».
Ma cosa spinge i ragazzi a esibirsi sui social?
«Una serie di fattori che vanno dal “Oh come sono
diventata/diventato” al “Questo corpo può essere un mezzo di comunicazione” al “Posso
usarlo per vedere se sono attraente per l’altro sesso, se piaccio ai miei pari, se vengo
riconosciuto/a da loro”. Il corpo diventa uno strumento, a volte il mezzo per veicolare un
disagio – pensiamo ai ragazzi che si mordono continuamente le unghie o si tormentano i
capelli quando sono ansiosi – altre un utensile per ottenere apprezzamento. In altri casi, il
corpo viene usato come rivalsa, per veicolare aspetti di sé quando si hanno insicurezze in
altri ambiti: non sono bravo nello sport, non mi sento abbastanza dotata a scuola e allora
con la mia immagine fisica e i “like” sui social gratifico la mia autostima. Ancora, c’è un
meccanismo di emulazione e imitazione: in adolescenza si hanno idoli, si emulano
persone più o meno famose che attraggano e ispirano, si imitano le pose e gli scatti
dell’influencer o del rapper per sentirsi un po’ come loro».
È chiaro che tutto ciò può spaventare un genitore: «Ma è un po’ come quando, decenni e
decenni fa, i ragazzi e le ragazze alla domenica dopo la messa passeggiavano nella
piazza del paese o facevano “le vasche” nella via principale col loro abito migliore per fare
colpo su qualcuno. Il meccanismo è lo stesso, di base la natura umana rimane invariata,
ma se all’epoca ci si conosceva tutti o quasi, la piazza offerta dai social network è molto
più grande, tutto è più amplificato, si raggiunge un numero potenzialmente altissimo di
persone e ciò aumenta in proporzione anche il rischio di fare… brutti incontri». La
preoccupazione è legittima: «Perciò bisogna responsabilizzare ed educare il più possibile i
figli: innanzitutto a rispettare il proprio corpo, a tutelarlo, a mostrarlo in modo
consapevole», sottolinea la psicologa.
«Noi adulti spesso presumiamo che il ragazzo e la
ragazza facciano selfie, video e foto con malizia, con consapevolezza di sedurre, ma non
sempre è così: spesso gli adolescenti non hanno coscienza di ciò che stanno facendo e
dei rischi a cui possono andare incontro. Perciò, senza fare del terrorismo psicologico e
senza sgridarli, per non scatenare l’effetto paradosso per il quale pubblicano più foto per
spirito di contraddizione, è bene parlarne insieme, leggere e commentare notizie che
abbiano attinenza col tema, per farli riflettere su cosa vuol dire avere rispetto del proprio
corpo anche quando lo si mostra. Suggerendo, per esempio, di optare per un profilo
privato, visibile solo agli amici fidati, e non a chiunque».
Per padre Giovanni Calcara, domenicano del convento San Domenico di Palermo, «si
dovrebbe dare importanza alla corporeità come dimensione in cui Dio si vuole rivelare,
avendoci creati a sua immagine e somiglianza. Se i canoni diventano quelli della bellezza
estetica, della moda, dell’influencer o dell’attore da imitare l’adolescente non ha più come
punto di riferimento il rispetto e il pudore, ma l’ostentazione e la rassomiglianza a ciò che i
social propongono. Insieme al non capire che le immagini possono essere carpite e
manipolate o catturare l’attenzione di un “orco”, un adulto che potrebbe avere brutte
intenzioni.
A parte attivare i programmi per il controllo parentale, e un eventuale controllo
diretto o attraverso confronti con conoscenti – perché il rispetto della privacy vale anche
per i figli, purché siano in grado di gestirsi con consapevolezza e di sapere le
conseguenze di ciò che fanno – i genitori non devono dare divieti, ma spiegare le regole:
far capire possiamo dare messaggi anche attraverso una posa, un gesto, una movenza e
non sappiamo a chi possono arrivare. Una volta lanciate nella Rete, le immagini facilmente
escono dalle “maglie” del giro degli amici – per non parlare dell’uso “vendicativo” delle foto
da parte di fidanzatini lasciati, amiche invidiose o bulli – ed essere equivocate anche se
fatte solo per gioco, con intento innocente e non certo per provocare gli estranei».
Maria Truncellito
In “Maria con te” n. 42 del 20 0ttobre
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