Caccamo, la memoria ritrovata: il delitto mafioso di Giorgio Comparetto

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“Una Comunità senza memoria è una Comunità senza futuro”.

Bisogna riconoscere che per decenni a Caccamo è stata negata la storia e l’evidenza di tanti delitti che
hanno segnato un periodo ben preciso, l’emanazione della legge Gullo sulla nuova
divisione dei raccolto tra proprietari e contadini e dall’altra parte la violenza e la
paura con le quali i proprietari terrieri spalleggiati dai mafiosi, volevano far tacere
la volontà di quanti non erano più disposti a subire nel silenzio l’arroganza di chi si
ritenevano al di sopra delle leggi dello Stato.

Così è stato per l’omicidio mafioso di Giorgio Comparetto, 5 novembre 1945, che
oggi ricordiamo a 79 anni di distanza, in maniera solenne, anche se per la verità si
parlò di esso già nel 2017 in una iniziativa per ricordare un’altra vittima di mafia
Filippo Intili, avvenuto il 7 agosto 1952 a distanza di sette anni. Evidente che il
coraggio di Giorgio Comparetto di sfidare apertamente il potere socio-politico
dell’epoca e che gli era costata la vita non aveva scoraggiato i contadini guidati
dalla Camera del Lavoro, a rinunciare alle giuste richieste che esigeva
l’applicazione della legge Gullo.

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Un testimone, Antonino Faso denunciò di aver visto i fratelli Salvatore e Giuseppe
La Corte subito dopo avevano commesso il delitto. Deceduto il fratello Giuseppe,
Salvatore fu condannato all’ergastolo in maniera definitiva nel 1971. Alcuni
elementi da tenere in considerazione: Non capitava spesso che il muro dell’omertà
fosse infranto in maniera così coraggiosa; infatti i familiari della vittima si
costituirono parte civile.

Il ruolo determinante della Camera del Lavoro di Caccamo
e del suo segretario Gaetano Piraino che, con un suo memoriale permise la
riapertura del caso. Le affermazioni di Antonio Giuffrè che, disse di non sapere
molto sulla vicenda, ma era sicuro invece che La Corte era innocente e che i
comunisti erano considerati mele marce che dovevano essere distrutte, l’ultima fu
Mico Geraci.
Di fatto anche se con risvolti clamorosi, il delitto Comparetto rimase dimenticato e
seppellito nel silenzio, così come deciso dal potere politico-mafioso di Caccamo.
Tutto doveva rimanere come prima: i mafiosi in chiesa o in sacrestia, i sindacalisti-
contadini uccisi e trucidati.

I segnali, anche se timidi e a volte incerti, indicano invece una volontà che questo
passato, tragico e violento, non solo sia conosciuto dalle nuove generazioni ma
costituisca oggetto di dibattito non solo nelle scuole, ma anche in famiglia e nelle
comunità ecclesiali perché la coscienza collettiva sia in grado di superare realtà
come l’omertà che, come insegnava il cardinale Salvatore Pappalardo: non è una
virtù cristiana.
Grazie quindi a tutti coloro che hanno pensato, voluto e realizzato questo
momento di riflessione e di preghiera che, come un sasso buttato nello stagno
serve a creare delle onde di espansione che siamo sicuri possano durare nel tempo
e raggiungere le coscienze di tutti gli uomini e donne liberi che, vogliono lottare
per un mondo e una Società giusta, onesta e solidale.
Per noi cristiani, tutto ciò significa altro. Infatti come insegna la Sacra Scrittura:
“Temi il Signore, tuo Dio, osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio
e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così si
prolunghino i tuoi giorni” (Dt 6,2-6).
Il vero cambiamento, porta alla conversione del cuore e della vita; porta frutti di
bene e di verità; pace e giustizia che solo con il fondamento del Vangelo posso
crescere e maturare.
Il sangue innocente di Giorgio Comparetto sia di monito e di richiamo per noi tutti,
la sua testimonianza resti in eterno per essere sostegno e conforto nell’agire
concreto in tutte quelle situazioni concrete in cui viviamo la nostra esperienza di
fede cristiana e di vita umana.

Padre Giovanni Calcara, domenicano
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