Scendeva pochi scalini percorreva un breve tratto di strada, e li, ogni mattina, andava a recitare un’Ave Maria per il figlio Ninuzzu che, lasciato il lavoro dei campi, appena ventenne era dovuto partire per la guerra. Erano ormai passati molti mesi dalla fine di quel primo tragico conflitto mondiale; e di lui, dichiarato disperso, più nessuna notizia.
La povera donna, quando qualche conoscente gli chiedeva, rispondeva con voce tremula e singhiozzando: “Nenti, un si nni sappi cchiù nenti; ne mortu e ne vivu”.
Ma in cuor suo a zza Pruvurenzia non aveva perso la speranza; e, nell’attesa di poterlo riabbracciare, trascorreva le sue interminabili giornate con il marito, ormai vecchio e malato, in un angusto basso nel quartiere dei Cappuccini. Pochi ed essenziali arredi; un tavolino, due sedie sgangherate, a tannura con accanto una piccola catasta di legna e, dietro la tenda che divideva in due quell’unica stanza, un letto, un armadio ed un comodino.
La cosa più preziosa che aveva era proprio una foto del figlio, ormai sbiadita e senza cornice, che la povera vecchia stringeva ogni mattina al petto mentre una lacrima gli bagnava il viso. Era il 15 agosto del 1921 (?), giorno dell’Assunta. E mentre la campana della vicina chiesa di Santu Gilormu annunziava la festa, l’anziana donna, che si era appena affacciata all’uscio di casa, scorse in lontananza una figura esile, smunta, vestita di cenci. Non lo riconobbe subito; ma nel vederlo ebbe un sussulto al cuore.
E mentre quell’uomo si avvicinava, capì subito che era il figlio, disperso in guerra, che finalmente aveva fatto ritorno a casa. La sua fede e le sue preghiere erano state ascoltate; e la donna, fra le lacrime e dopo avere abbracciato il giovane, corse subito in chiesa a ringraziare a Bedda Matri Assunta.
(LA STORIA E’ VERA, e mi fu raccontata tanti anni fa da un anziano del posto. Incerti sono invece l’anno e i nomi dei protagonisti che più non ricordo) Nella foto il santino che veniva distribuito negli anni cinquanta per l’Assunta dei Cappuccini.
Contenuto a cura di Nando Cimino
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