Se i voti non sono stati come ci si aspettava, si crea una situazione di amarezza che puòcreare tensioni e silenzi in casa. Che fare per uscirne in modo positivo?
Le pagelle sono arrivate da un po’, ma Mirella non è ancora riuscita a metabolizzare la
delusione: il figlio Mattia, terza superiore, era in bilico tra il 6 e il 7 in alcune materie e i
professori hanno scelto per lui il voto più basso, anziché premiarlo per l’impegno –
sostenuto anche da lei che lo ha aiutato per mesi a studiare – grazie al quale aveva
addirittura recuperato delle insufficienze. Anche il ragazzo è deluso, confrontandosi con
compagni che hanno fatto meno di lui eppure hanno voti più alti, e la madre teme
soprattutto che a settembre tornerà a fare il minimo indispensabile, o anche meno, visto
che darsi da fare non gli ha portato quello che, secondo lui, sarebbe stato un giusto
riconoscimento.
Perché si ha un bel dire che i voti non giudicano la persona, ma solo il
rendimento scolastico, però la pagella resta una certificazione “esterna” che non può
lasciare indifferenti: è normale sentirsi delusi se non si ottengono i risultati desiderati, ma
bisognerebbe non lasciare che ciò influenzi negativamente l’autostima del ragazzo o della
ragazza, e tanto meno incentivarne l’amarezza aggiungendoci la nostra.
Bisognerebbe
farne invece uno strumento di crescita, in vista pure delle inevitabili frustrazioni che
arriveranno anche al di fuori dell’ambito scolastico.
«A volte capita che un genitore si senta deluso di fronte a voti mediocri in pagella, perché
gli sforzi fatti per aiutare il figlio a studiare avevano magari l’obiettivo di farlo eccellere e
soddisfare un bisogno personale dell’adulto, e non un bisogno genitoriale o del ragazzo»,
commenta Benedetta Comazzi, psicologa a Milano. Per un padre o una madre con un
passato scolastico “zoppicante” e un mestiere non “intellettuale” un figlio con ottimi voti
rappresenta una sorta di riscatto e di promessa per un futuro professionale e una carriera
migliore della sua, da vivere per interposta persona. A ciò si aggiunge la pressione sociale
che porta tutti a fare confronti e e paragoni e, viceversa, a temere i possibili commenti
negativi da parte degli altri genitori sul nostro rampollo. In questi casi, è indispensabile
innanzitutto che gli adulti riflettano se davvero soffrono per l’ingiustizia commessa dai
professori verso il figlio o per qualche altra ragione più egoistica.
«Se invece è solo il figlio a rimanere deluso, è importante spiegargli che quel voto non
rappresenta il suo valore, ma una sua prestazione in un ambito specifico e in un momento
specifico della sua vita», continua la psicologa. «Bisogna provare a mettersi nei panni del
ragazzo o della ragazza e cercare di capire che cosa ha portato a quei voti. Senza
giudicarlo per una cosa per la quale, di fatto, è già stato giudicato. Allo stesso modo, non
bisogna minimizzare, ma legittimare e riconoscere anche la delusione del figlio, senza
minimizzarla o negarla o arrabbiarsi di fronte alla sua espressione di tale emozione».
Potrebbe essere utile, alla riapertura della scuola se non è possibile prima, un confronto
con gli insegnanti: hanno voluto spronarlo a fare di più perché lo ritengono in grado?
Vogliono essere sicuri che il miglioramento e la comprensione dell’importanza di
impegnarsi siano definitivi e non solo uno sforzo in vista della pagella, appunto? In ogni
caso, «È importante evitare di punirlo», ammonisce Benedetta Comazzi. «Altrimenti
apprenderà che la conseguenza dell’errore è sempre la punizione, e che comunque gli
sforzi fatti per prendere gli altri voti buoni sono stati nulli. E invece la base
dell’apprendimento è il fatto che si impara dove si sbaglia. Altra cosa da non fare,
confrontare i suoi voti con quelli degli altri: è umiliante e serve a poco. Bisogna capire –
bisogna impegnarsi in modo costante e non solo al rush finale? ci sono sono materie
ostiche dove farebbe meno fatica con l’aiuto di un “quasi-pari”, per esempio uno studente
universitario, anziché col genitore? – non punire e nemmeno proiettare la propria delusione
sul figlio, che probabilmente è già deluso di suo. Detto ciò, è importante comunque non
nascondere le proprie emozioni, altrimenti si manderà un messaggio contraddittorio:
esprimere, ascoltare, capire insieme».
Padre Giovanni Calcara, domenicano del Convento San Domenico di Palermo, ricorda
che a volte «I voti arrotondati per eccesso o per difetto sono anche il risultato di una
valutazione collegiale dei docenti, che tiene conto dell’andamento scolastico generale
dello studente, di quello complessivo nel corso dell’anno scolastico e, magari, anche della
condotta.
In casi del genere, il ragazzo o la ragazza finiscono per trovarsi tra l’incudine e il
martello, tra gli insegnanti e la famiglia e ciascuno difende le proprie ragioni, i primi perché
sono i professori, i secondi perché difendono i figli a prescindere. La problematica
andrebbe affrontata innanzitutto responsabilizzando il ragazzo, in un confronto continuo: i
richiami – espressi anche attraverso i voti – non vanno vissuti come penalizzazioni, ma
come riflettori che si accendono. Non bisognerebbe aspettare la pagella, certamente, ma
cercare di capire quali problematiche possano inficiare il rendimento e l’entusiasmo. Se ci
sono lacune nell’apprendimento, o anche di carattere psicologico, bisogna colmarle prima
possibile, perché non divengano laghi o mari».
Mariateresa Truncellito
In “Maria con te” n. 27 del 7 luglio
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