Anche lo storico Carmelo Trasselli ne parla in uno dei suoi testi; scrivendo proprio di come, anche Termini Imerese, fosse stata colpita dalla siccità.
Ecco testualmente cosa dice:
«….Alla grande siccità nel Trapanese del 1521 corrispose quella di Caltagirone dove la pioggia mancò del tutto; a Randazzo la masseria dei Vayasindi raccolse meno del seme; pure a Randazzo un altro offrì ai creditori la metà dei guadagni futuri di anno in anno; a Rocca e Maurojanni andò a male anche l’allevamento dei bachi ed un tale offrì metà dei guadagni futuri (82). A Termini seccarono i vigneti; a Palermo, prima grandine e poi venti di scirocco rovinarono l’uva ed i cereali non diedero abbastanza da pagare i braccianti. La città di Termini, porto frumentario addetto tra l’altro al rifornimento di Palermo e delle isole Eolie, fu costretta a comprare frumento per sé…!»
Un secolo quindi, in cui il clima sembrava impazzito; con repentini cambiamenti delle condizioni atmosferiche. E a tal proposito, e sempre per quanto riguarda Termini Imerese, si ricordano pure le grandi piene del fiume San Leonardo; eventi estremi che, in più occasioni, avevano determinato il crollo del suo principale ponte. Grandi piogge a carattere torrenziale furono documentate pure tra la fine del sedicesimo e gli inizi del diciassettesimo secolo durante il periodo estivo; piogge tali da provocare la pressoché totale distruzione dei raccolti con conseguenti crisi economiche.
In questi casi l’unico rimedio conosciuto era quello di rivolgersi ai santi; che venivano “scomodati” con particolari riti ed uscite straordinarie di statue in processione. Questo determinò, tra il seicento e l’ottocento, anche il fiorire di speciali invocazioni che la religiosità popolare ha coltivato e tramandato fino ai giorni nostri.
Eccovene qualche esempio:
Per la siccità: – «Signuruzzu chiuviti, chiuviti ca l’arbuliddi su morti ri siti, e mannatini una bona senza lampi e senza trona…»
Contro lo scirocco: – «Sant’Antuninu carmati stu ventu, cu l’ogghiu santu du Sacramentu; Sant’Antuninu protetturi, luntanu di ccà l’aviti a mannari»
Contro lampi e tuoni: – «Lampi e trona itivinni arrassu, chista è la casa di santu Gnaziu, santu Gnaziu e santu Simuni, chista è la casa di nostru Signuri»
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