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Termini Imerese: c’era una volta…”a funtana o Belvederi”

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Appena costruita divenne il principale punto di attrazione del nostro belvedere; al suo interno infatti, nell’acqua limpida, nuotavano tanti pesci rossi; motivo per cui in molti la indicavano pure come “a funtana chi pisci”.

Quella di cui vi racconto è la storia della vecchia vasca rotonda di cui tanto si parla in questi giorni sui social; vasca che ornava il principale luogo di passeggio della città, è che è stata rimossa per far posto ad un’altra struttura, più consona al progetto del nuovo belvedere.

Nelle vesti di cultore di antiche vicende di vita popolare termitana, in tanti mi hanno chiesto di conoscerne i principali aspetti; cosa che faccio ben volentieri, districandomi tra qualche documento, e i “soliti” ricordi tramandati a voce.

Da quel che se ne sa il manufatto venne costruito tra la fine degli anni venti e i primi anni trenta del novecento, da una importante azienda termitana di cui fra un pò vi parlerò.

Il materiale usato era chiamato graniglia; una sostanza parecchio resistente ed impermeabile composta da scarti di lavorazione di pietre e marmi, a loro volta legati con cemento e con l’aggiunta di coloranti.

A Termini Imerese diverse fabbriche lo utilizzavano per realizzare mattoni; tra questi la ben nota ditta “Pavimenti Giuffrè” di porta Baddoma, e la ditta “Catanzaro” di piazza Crispi.

Per come ben riporta l’attento ricercatore Andrea Sansone, i lavori di pavimentazione del Belvedere iniziarono nel 1928, a seguito di una gara d’appalto vinta il 30 giugno da Giuffrè Vincenzo fu Giuseppe; lavori che erano stati progettati dall’ing. Antonino Sansone, capo dell’ufficio Tecnico Comunale, e sotto la guida del Podestà Cav. Roberto Verrone.

I mattoni furono forniti proprio dalla ditta termitana dei Fratelli Giuffrè, la quale fece pure la vasca in cemento, appositamente disegnata dallo stesso ing. Antonino Sansone nel 1929. La ditta Giuffrè, tra i suoi dipendenti, poteva contare in quegli anni anche sulla competenza di un vero artista; e cioè di colui che poi, nelle vesti di capomastro, lavorò materialmente alla posa in opera della vasca e anche alla realizzazione del bel chiosco edicola che, ancora oggi, si trova proprio davanti alla nostra stazione ferroviaria. Il suo nome era Pinù Gaeta; che, nato a Palermo nel quartiere Borgo, ci viene descritto dai nipoti Alberto e Pippo, come personaggio dal carattere esuberante e dotato di notevole estro.

Particolarmente incline al disegno e alla pittura, portava lunghi baffi, ed era tipo eclettico in grado di creare figure e progetti, da cui poi venivano ricavati mattoni e altri manufatti per l’edilizia che l’azienda produceva.

La fontana non fu messa in quella posizione a caso; ma essa rispondeva a un ben preciso “pensiero” geometrico del belvedere stesso. Infatti allora, era proprio quello il punto centrale della intera area di passeggio; area che in quegli anni arrivava e si fermava la dove è oggi la nota gelateria “Cicciuzzu”.

Magari non si può parlare di un’opera di particolare pregio artistico; ma dal punto di vista della memoria, essa rappresentava la testimonianza tangibile di un periodo storico in cui la nostra città era particolarmente industriosa e, anche nel campo della edilizia, vantava opifici di particolare rilevanza.
Vi ho detto pure di come, e questo fin negli anni sessanta del novecento, nella fontana nuotavano tanti pesci rossi; e ben ricordo che da bambino, anche io, così come altri, ci facevamo portare al belvedere dai nonni per andarvi a buttare dentro piccole molliche di pane e vedere i pesci saltare e rincorrersi per acchiapparle. Per tanti anni la fontana fu anche lo scenario ideale per le foto di matrimonio di molti sposi; e li, con la sua arte, si sbizzarriva il giovane Lillo Marrix che insieme al fratello aveva il suo studio proprio al Belvedere e si produceva in fantasiose pose con sullo sfondo la fontana ed il monte San Calogero.
Sempre negli anni sessanta “a funtana chi pisci” fu teatro di un fatto di cronaca, riportato anche dal Giornale di Sicilia, che per poco non si trasformò in tragedia. Nel tardo pomeriggio di un caldo giorno d’estate, un bambino, sporgendovisi incautamente nel tentativo di toccare i pesci, vi cadde dentro rischiando di annegare. Della scena si accorse subito il giovane Vicè C. che si trovava giusto di fronte, davanti alla sezione del Partito Comunista; egli accorreva velocemente, e lanciandosi dentro la vasca, tirava fuori il piccolo che già annaspava in crisi respiratoria. E proprio nei caldi pomeriggi d’estate gli zampilli di quella vasca davano anche un senso di piacevole frescura; ed era li attorno, che tanti anziani si riunivano per raccontarsi di ricordi e di vicende di vita vissuta della nostra gente e della nostra città.

CONTENUTO A CURA DI NANDO CIMINO
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Redazione

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