CON LA CLASSE IN GITA, TRA DIDATTICA, SVAGO E RESPONSABILITA’
Mandarli o no? Anche quando sembra che il viaggio non abbia scopi formativi, può essere l’occasione per far acquisire ai figli una maggiore fiducia e più senso di indipendenza
È scattata la quinta stagione: quella delle gite scolastiche. Costose (all’estero, per più giorni), a volte senza risvolti culturali (in un parco divertimenti o a un corso di vela), fonte di preoccupazione perché – si sa – il professore non può vedere tutto… D’altra parte, non si vuole nemmeno passare per genitori guastafeste, negando il permesso al proprio figlio e magari impedendo il raggiungimento del numero minimo di partecipanti. E neanche farlo sentire diverso altri o privarlo di quello che spesso è tra i più bei ricordi dell’adolescenza. Però non tutti possono dire di sì a cuor leggero. «Le gite scolastiche sono esperienze di autonomia importanti, a prescindere dal contenuto e quindi anche senza visite a musei o monumenti», sostiene Benedetta Comazzi, psicologa a Milano. «Le perplessità degli adulti dipendono dal modo in cui percepiscono gli eventi, anche in modo ambivalente: ci sono genitori disposti a fare i salti mortali per mandare il figlio a un corso di attività circensi o di musica, ma sono restii alla gita per i costi o la destinazione “ludica”. Ma si tratta di esperienze comunque formative e arricchenti, solo che una è apparentemente più utile perché duratura e promuove una formazione più tangibile, l’altra è un’esperienza “una tantum” che però contribuisce a formare il carattere e l’autonomia.
Da psicologa, sono a favore delle gite e anche di quelle che sembrano inutili, perché costituiscono una possibilità di sperimentarsi nella propria indipendenza e quindi di capire quanto si è in grado di cavarsela, acquisendo maggiore fiducia in se stessi, alimentando il senso della curiosità, dell’esplorazione e della sperimentazione. E poi, ovviamente tenendo conto dell’età del bambino o del ragazzo, sono anche un modo per far approcciare il figlio al concetto di adattabilità e flessibilità. E sono un bel modo per costruire ricordi e legami, confrontarsi nelle relazioni con i pari e gli insegnanti fuori dal contesto scolastico senza l’intermediazione dei genitori».
Resta però il problema economico, che magari, pur con tutta la buona volontà dei genitori, non sempre può essere affrontato. «Una strategia potrebbe essere cercare di capire a inizio dell’anno se le gite saranno previste e immaginare una modalità di risparmio dei soldi necessari, trovando un compromesso con il figlio, in base alla sua età», suggerisce la psicologa.
La somma può essere raggranellata sostituendo le mance ad altri regali in occasione di onomastici, compleanni e feste coinvolgendo anche nonni e zii. Oppure, se il ragazzo o la ragazza sono più grandi, con lavoretti in casa o fuori.
O, ancora, concordando cosa ci si può permettere e a cosa si può rinunciare (qualche uscita al fast food, le sneakers“normali” anziché firmate, le unghie dall’estetista…), con un’ulteriore valenza educativa. Sarebbe auspicabile che la scuola organizzasse uscite all’insegna dell’inclusività, tenendo conto delle possibilità di tutte le famiglie.
Ma se questo non avviene, è bene parlarne con il ragazzo senza sentirsi in colpa, perché è comunque importante per la crescita anche confrontarsi con il limite del no e imparare a rispettarlo». Per quanto riguarda i timori di quello che in gita potrebbe succedere, «Ovviamente, più il bambino è piccolo, più è importante prepararlo all’esperienza, anche con le raccomandazioni del caso (non allontanarsi mai dal gruppo, seguire sempre l’insegnante e ciò che dice di fare…). Preparandoci, a nostra volta, a dover gestire la frustrazione, inevitabile, del non poter controllare ciò che farà il figlio in gita, senza che ciò ostacoli però la possibilità che il ragazzo o la ragazza possano beneficiare di questa esperienza importante».
Per padre Giovanni Calcara, domenicano del convento San Domenico di Palermo, «Bisognerebbe tenere conto del contesto attuale: la gita scolastica aveva un senso diverso quando la possibilità di viaggiare era molto limitata. Oggi i musei si possono visitare anche in modalità virtuale, attraverso siti e app molto ben fatti che forse permettono una conoscenza addirittura migliore di una visita nel museo tra noia, chiacchiere, spintoni e selfie. E lo stesso vale per le relazioni tra i ragazzi, oggi molto più in
connessione che un tempo. Se i ragazzi vogliono trascorrere un weekend a Berlino o a Praga possono farlo con un volo low-cost e organizzandosi tra loro. Il come non è un problema, può esserlo il perché. Ma la gita “di istruzione” non necessariamente deve passare per un monumento: alcuni consigli di istituto hanno rivisto il concetto per far conoscere ai ragazzi associazioni che si occupano di volontariato con fasce della popolazione disagiate, per il recupero dalle dipendenze o nel contrasto alla criminalità, come Libera in Sicilia che organizza viaggi solidali in aziende che si sono ribellate al pizzo o cooperative che coltivano terreni sequestrati alla mafia, permettendo ai ragazzi di conoscere persone che rischiano la vita. In genere le famiglie sono molto favorevoli a questo tipo di esperienze molto segnanti».
Mariateresa Truncellito
In “Maria con te” n. 16, 21 aprile
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