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Termini Imerese: ma che bel castello…

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Insieme al belvedere e al teatro Kalos, a breve anche il nostro castello vedrà ultimati i lavori di adeguamento in vista di una sua prossima apertura.
La prima foto, ripresa dalla pagina “Politica Termitana”, ci mostra uno degli scorci paesaggistici che sarà possibile ammirare, e che ne fanno uno dei punti panoramici più suggestivi della intera costa settentrionale della Sicilia. La originaria struttura, avrebbe potuto oggi raccontare oltre mille anni di storia; ma venne distrutta nel 1860 dopo la fuga dei Borbone.
Per la sua notevole estensione e per la imponente cinta muraria che lo circondava, e che ben si vede nell’altra foto che riprende un disegno acquerellato di G. Merelli risalente al 1677, il castello di Termini Imerese era considerato uno dei più grandi di Sicilia oltre che tra i più importanti d’Europa. Tutto ciò lo rileviamo anche attraverso la descrizione fatta da un anonimo viaggiatore nel 1640 e che troviamo riportata nella pubblicazione dal titolo “Il libro delle Torri” di Salvatore Mazzarella e Renato Zanca dove così viene descritto: “…ha piazza d’arme e cisterne con quant’altro si richiede a formare una bellissima fortezza, di pregiarsene qualsiasi città d’Europa che l’avesse….munitissimo di artiglierie di vario tipo e sorvegliato da dieci soldati spagnoli…”
Ciò sta a significare che lungo il suo perimetro c’erano ben dieci garitte dentro le quali, notte e giorno, altrettante guardie facevano la sentinella. Il castellano della città era in quegli anni il capitano Don Fernando de la Murga. Dopo la sua distruzione la maestosa rocca venne utilizzata come cava di pietra dove insistevano anche fornaci per la produzione della calce. Fu grazie all’intervento dello studioso locale Giuseppe Patiri che nel 1904 si decise di salvaguardarne una parte con l’intento di farne un punto panoramico d’eccellenza. Ecco a tal proposito come ne parlava lo stesso Patiri che così scriveva:
“Quel gigante caduto, oltre che ci richiama in mente tante delle memorie storiche termitane, ci offre oggi con la residuale rupe, che sta ancora a cavaliere di tutte le contrade d’attorno, un mezzo come attirare singolarmente i forestieri, senza contare i benefici che ne ricaverebbe altresì tutta la cittadinanza.
Una magnifica e culta terrazza su quella rupe non avrebbe pari nei paesi d’attorno…”
Una visione d’insieme quindi, in cui l’intera area, ridisegnata ed abbellita, e per come era desiderio di Giuseppe Patiri, avrà nella antica rocca del castello la sua naturale corona; punto incantevole e fascinoso da cui sarà possibile ammirare decine di chilometri di costa con favolose albe e maliosi tramonti di incomparabile bellezza.
A CURA DI NANDO CIMINO


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Redazione

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