Quando alle elementari esplode una strana rabbia

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Ci sono bambini che si comportano in modo aggressivo in classe, mentre a casa non
danno problemi. E’ la manifestazione di un disagio su cui i genitori e insegnanti devono
intervenire di comune accordo.

Nicolas fa solo la prima elementare, ma le maestre hanno già richiamato più volte Andrea
e Cristina perché il loro figlio è manesco e anche alcuni genitori dei compagni stanno
protestando. Mamma e papà del piccolo aggressivo non sanno se è un’esagerazione, se
ci sono problemi dovuti agli altri bambini o se davvero hanno generato un Attila in
miniatura: a casa, per quanto vivace, Nicolas non è mai così violento.

«Il passaggio alle
elementari per i bambini è un cambiamento importante», sottolinea Benedetta Comazzi,
psicologa a Milano.

«Non solo perché si inizia il ciclo scolastico vero e proprio, ma anche
perché vengono introdotte una serie di regole – di comportamento, sociali e relazionali –
del tutto nuove, e ciò può far sì che il bambino si ritrovi esposto a un grado di frustrazione
importante. Probabilmente in questo caso ci sono anche emozioni che il bimbo fa fatica a
esprimere. E, se è un po’ indietro a livello evolutivo – il che non significa che abbia
problemi di ritardo, ma semplicemente che è un po’ immaturo dal punto di vista emotivo – è
normale scelga la via di espressione più facile per un bambino, e cioè il contatto fisico.
Ogni mamma sa che un bebè, prima di iniziare a parlare, è molto “fisico” perché il suo solo
modo di comunicare. Il bambino poi può nutrire sentimenti di rabbia per le regole
scolastiche, per esempio il fatto di dover rimanere seduto a lungo».

Le ragioni del comportamento manesco, insomma, possono essere molteplici: «Compreso il fatto che maestre e genitori tendono subito a preoccuparsi, e l’allarmismo generale non fa che
fomentare il disagio del bambino», continua la psicologa.

«Certo, è anche possibile,
soprattutto se a casa è tranquillo, che ci sia qualcosa che lo disturba in classe – viene
isolato? preso in giro per qualche ragione? – ed è importante valutare il suo
comportamento in ogni ambito, per capire se è un problema strutturale o più contestuale».
C’è anche una sua probabile difficoltà nella regolazione delle emozioni: «Quindi potrebbe
essere utile, da parte di genitori e insegnanti, dialogare col bimbo per cercare di fargliele
verbalizzare: anche con l’aiuto di giochi ad hoc, per esempio la scatola della rabbia
Montessori o le 50 carte di Il gioco arrabbiato (ed. Gribaudo), oppure con i libri
sull’argomento (come Il grande libro della rabbia ed. Gribaudo, La grrrande rabbia, ed
Ape Junior)». Fondamentale il dialogo con gli insegnanti, che vivono anche la pressione
degli altri genitori: «È importante rassicurarli sulla serenità del bambino, cercando un
confronto per trovare strategie comuni che possano aiutarlo, così da dimostrare a tutta la
classe che ci si sta occupando della questione senza sottovalutarla. Se i tentativi non sono
fruttuosi, è bene rivolgersi a un esperto di psicologia infantile che può fornire qualche dritta
ai genitori, spesso anche senza bisogno di incontrare il bambino».

Anche padre Giovanni Calcara, domenicano del Convento San Domenico di Palermo, «Ci deve essere una concertazione fra genitori e insegnanti, un’intesa profonda, seria, per
aiutare il bambino. Se i genitori partono dal presupposto che il loro figlio ha sempre
ragione, che a casa è un bravo bambino e scaricano la colpa sulla classe o
sull’insegnante, non fanno il suo bene.

Padre Giovanni Calcara

Invece, è necessario che tutte le figure coinvolte
nella sua educazione trovino un punto d’accordo per agire in sintonia e lo aiutino a capire
l’importanza dei suoi gesti e delle conseguenze di ciò che si fa. Bisognerebbe cercare di
capire i segnali che i piccoli lanciano dai primi anni di vita, se agiscono in maniera istintiva
o manifestano la tendenza a sopraffare gli altri, a volere il giocattolo solo per sé, alla
disubbidienza continua, se di fronte a un richiamo si chiude in se stesso o diventa
aggressivo … Tenendo conto che i bambini quando vanno alla scoperta del mondo sono
per natura sono egoisti e per affermare la loro personalità non sempre sono docili ai

richiami. Durante la crescita, il bambino non sempre si rende pienamente conto della
realtà: tutto sembra un videogioco o un cartone animato, e lo spintone o lo schiaffo al
compagno possono essere anche l’imitazione di comportamenti appresi dai media.
Comportamenti che poi, magari, non sono tenuti solo a scuola, ma anche all’oratorio, nelle
sale giochi, ogni volta che succede qualcosa che gli crea contrarietà. È necessario che
qualcuno che lo richiami alla realtà, alla consapevolezza della propria forza fisica e al
rispetto dell’altro col gioco o la classica domanda “Ma se fossi tu a essere spinto da un
compagno, cosa farebbe Gesù?”. Naturalmente, nei casi più gravi non si deve esitare nel
rivolgersi a un esperto, che può individuare la causa del suo disturbo e mettere a punto la
strategia migliore, per genitori e insegnanti».

Mariateresa Truncellito
In “Maria con te”, n, 10 del 10 marzo
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