Ma a volte la storia, impietosa, ci narra pure di quando anche i nostri antenati si trovarono nelle stesse condizioni; e, disperati, partivano per l’America in cerca di miglior sorte.
In questo caso, su suggerimento dell’amico Cosimo Bonanno e con il sostegno di Giuseppe Ambra, vi parlo di una tragedia dimenticata che colpì anche la nostra città.
A Gibilterra infatti, dove era prevista una sosta tecnica, mentre il mare in burrasca rendeva difficili le operazioni di attracco, l’Utopia, un ex veliero trasformato a vapore, speronò una nave da guerra affondando in pochi minuti.
A bordo, oltre all’equipaggio, tanti poveri diavoli che con un biglietto di terza classe, insieme a qualche clandestino, stavano ammassati come merce nella stiva.
Per tanti di loro fu quasi impossibile salvarsi; morirono come topi. Era un tardo pomeriggio del 17 marzo 1891. Fu una strage.
A bordo di quel piroscafo, ed ecco il motivo per cui ve ne parlo, c’erano anche 28 termitani; nostri concittadini che andavano in cerca di fortuna a Merica. Per buona sorte non tutti morirono; ma, per almeno una decina, il fato fu avverso.
Ecco, rilevato testualmente da una nota della nostra Marina Militare riportata sulla Gazzetta Ufficiale del Regno del 20 marzo, come venne divulgata la notizia del tragico evento:
“…Il piroscafo inglese Utopia entrando il 17 (sera) nella rada di Gibilterra con forte raffica di vento e con pioggia urtò di fianco contro una de!!e corazzate inglesi ancorate, affondando in pochi minuti. Le corazzate, dato l’allarme con cannonate, misero tosto le imbarcazioni in mare ed illuminarono con luce elettrica. Devesi al loro premuroso intervento se poteronsi salvare circa 320 persone. Finora il R. Console registrò 278 italiani salvati, dei quali egli, giusta l’ordine ricevuto del Ministero della Marina, con telegramma dello stesso giorno 18 corrente, telegrafa il nome e cognome il comune di origine.
E qui vi riporto i nomi dei termitani, affidandomi ancora a una successiva Gazzetta che così testualmente scriveva:
“…ELENCO nominativo degli italiani salvati dal naufragio del piroscafo inglese Utopia, i quali, il 20 marzo p. p. presero imbarco a Gibilterra sul piroscafo inglese Anglia per NewYork”.
“ Gentile Maria Concetta fu Onofrio daTermini; Palumbo Giacomo fu Paolo da Termini; Iannarino Liborio di Pietro da Termini; Iannarino Maria (moglie) daTermini; Cusimano Giuseppe fu Salvatore daTermini; Lombardo Michele fu Antonio Termini; Iannarino Saverio di Francesco daTermini; Iannarino Antonio di Saverio (figlio) da Termini; Mercurio Cosimo di Ignazio (15 anni) daTermini; Cirà Agostino fu Giuseppe daTermini; Rini Alberto fu Nicola daTermini; Rini Matteo fu Salvatore daTermini; Ciantro Giacomo fu Antonino da Termini. Rini Matteo di Matteo daTermini; Catalano Giuseppe di Francesco da Termini; Lamandia (forse La Mantia) Bartolo di Tommaso daTermini e Gentile Ignazio fu Antonino daTermini.”
Stando quindi alle fonti ufficiali questi erano i nostri concittadini che si erano salvati e che con un’altra nave furono accompagnati alla fine del viaggio con destinazione New York. Sempre sull’argomento, e ancora sulla Gazzetta Ufficiale del Regno, era pure riportato un elenco di rimpatriati; fra questi un bambino termitano, tale Sansone Paolo di Michele. I nomi che qui di seguito potete leggere e che vengono riportati anche in un interessante libro di Roberto Lopes che ha per titolo “1891 il naufragio del piroscafo Utopia”, sono invece quelli che vennero dichiarati morti.
Si trattava di Mascari Lorenzo di mestiere bracciante agricolo, Spalla Gaetano contadino, Vazzana Pietro muratore, Lombardo Anna contadina, Gentile Santo contadino, Gentile Antonia contadina, Gentile Rosalia contadina, La Mantia Marianna, Marcellino Agostino conciapelli, Istorio (Pistorio?) Antonio. –
Occorre specificare che la maggior parte di coloro che riuscirono a salvarsi erano pescatori; tutti gli altri, probabilmente perché inesperti del nuoto, annegarono. In proporzione al numero degli imbarcati, Termini Imerese fu una delle città che subì il più alto numero di vittime, quasi il 40%.
Ma probabilmente nessuno oggi ne conosce la storia, che salta fuori grazie alla curiosità di chi, come me, ne approfondisce i contorni dopo aver letto le poche righe che vedete nel documento in foto, e con cui proprio una famiglia termitana, quella dei La Mantia, chiedeva al comune un contributo economico per la morte della giovane figlia imbarcata su quel piroscafo. Sono queste le storie che mi piace raccontarvi; vicende che narrano la vita popolare dei nostri antenati ed in cui, come in un polveroso palcoscenico, si intrecciano gioia e dolore, allegria e sofferenze, farsa e sventura.
CONTENUTO A CURA DI NANDO CIMINO
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