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dalla Rete, ma c’è un metodo quasi infallibile; fidarsi del proprio istinto d’amore
Una volta l’ultima parola volevano averla le nonne.
Oggi ci sono le influencer sui social, il
“dottor Google”, esperti vari, i libri di pedagogia e i gruppi delle “mamme informate”: le
giovani donne sono bombardate da indicazioni su come crescere il loro bambino. Spesso
mode, a volte diktat che sfociano in discussioni morali o ideologiche. Va bene trasportare il
bebè in fascia, ci sono popoli che lo fanno da millenni. Ma se un genitore è più a suo agio
con il passeggino, perché no?
Per non parlare dell’allattamento, un tema che polarizza in
modo incredibile. Come gestire le informazioni e i consigli che arrivano da tutte le parti? È
vero che non c’è una scuola per diventare genitori ed è vero anche che oggi spesso la
famiglia d’origine è lontana e la neomamma sola: appigliarsi a chi è (o sembra) più esperto
può essere rassicurante e anche utile, purché il fidarsi ciecamente non diventi fonte di
confusione e insicurezza o, al contrario, un’ossessione (e magari causa di liti anche tra i
coniugi).
«Nella mia esperienza, le neo-mamme per fortuna si fidano soprattutto del
pediatra», spiega Simona Rustici, puericultrice e ideatrice della piattaforma on line
Quantum Bebè (quantumbebe.com) attraverso la quale propone una serie di corsi – dal
preparto al primo anno di vita del bambino, in presenza, a distanza e on demand – per
offrire a mamme e papà gli strumenti necessari per vivere al meglio la genitorialità. «È
vero però che con il web i “maestri” si sono moltiplicati, e con essi i sensi di colpa delle
mamme che, magari, non riescono a far dormire il bambino col “metodo sicuro” perché in
realtà funziona solo una volta su dieci, ma i fallimenti non vengono riportati… Tante cose
che io stessa ho studiato sui libri non sempre sono applicabili, perché ogni bambino è
diverso. Vale anche per l’allattamento al seno, il modo naturale di nutrire i neonati che è
stato, giustamente, rivalutato e incoraggiato, ma talvolta arrivando a estremismi che
rasentano la violenza psicologica: ci sono mamme che non ci riescono, perché, per
esempio, non hanno una sufficiente montata lattea o perché non vivono serenamente
l’esperienza, per varie ragioni. Non c’è nulla di sbagliato: il modo giusto è quello che
favorisce il loro benessere e quindi quello del loro bambino. Se la mamma è stressata o
angosciata può anche tentare la cosa più giusta del mondo, ma il bambino sarà altrettanto
nervoso e irritabile».
C’è qualcosa di infallibile, secondo la puericultrice: «Se la mamma si
fida del suo istinto e del suo intuito è difficile che sbagli: la natura ha fatto sì che ci sia una
sorta di “comunicazione” tra mamma e bambino, come hanno dimostrato anche molti studi
secondo i quali la donna ha degli ormoni che le permettono di comprendere le esigenze
del suo bebè nei primi due anni, quando ancora non è possibile parlare. Al di là dei
manuali che stabiliscono quale sia il numero giusto delle poppate o gli orari da tenere, se il
bambino sta bene e ha una crescita regolare, non c’è necessità di imporgliene di più o di
meno perché lo dice un libro o l’influencer su Instagram».
Un tempo c’era lo svezzamento
con cibo solido o con le pappette, oggi si è aggiunto l’auto-svezzamento, quello metà e
meta e le mamme non sanno più cosa fare: «Io suggerisco di basarsi anche sul proprio
carattere: per esempio, per chi è molto apprensiva, per chi teme che il bebè possa
soffocare, è meglio evitare l’auto svezzamento e lo stesso se il bambino è inappetente e
va incoraggiato». Da non trascurare, infine, il marketing, perché anche i bebè sono visti
come consumatori, di più in una società dove ne nascono sempre meno. «Se un
suggerimento – per esempio sulla pappa o la nanna – sembra convincente, io dico alle
mamme di provare a seguirlo per tre giorni, il tempo che serve a un bebè per apprendere
una nuova abitudine. Se funziona, è giusto». E se il consiglio arriva dalla suocera? «Se è
di buon senso, non va contro la mamma e non è un giudizio, insomma se viene dal cuore,
io lo proverei».
Per padre Giovanni Calcara, domenicano del Convento San Domenico di Palermo, «La
dimensione familiare che comprende nonni, zii, cugini, ma anche amici e talvolta vicini di
casa può essere coinvolta non solo nella condivisione della gioia di una nascita, ma anche
nell’opera educatrice: la maternità è un momento di arricchimento e di crescita per tutta la
società, non solo per la famiglia nella quale il bambino viene alla luce, perciò è bene che la
coppia si apra ai suggerimenti.
Innanzitutto delle persone care che la circondano. I consigli
che arrivano dal web sono più a rischio di strumentalizzazioni da parte del marketing che
spinge verso l’uso di certi prodotti o certe marche. Ci vuole prudenza nel barcamenarsi tra
l’esperienza vissuta dei nonni, la propria nell’infanzia e i consigli degli esperti. È sottinteso,
però, che qualsiasi consiglio vada sottoposto al pediatra. E, guai a giudicare: è vero che il
latte materno è il miglior alimento, ma se la mamma non può allattare per qualsiasi
ragione, non va colpevolizzata».
Mariateresa Truncellito
In “Maria con te” n. 3 del 21 gennaio
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