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Come ci dice in un suo scritto il canonico Rocco Cusimano:
“…Leggesi negli atti del notaio Vincenzo Lo Monaco, sotto il giorno 19 maggio 1625, che il Beneficiale di Sant’Agata Don Giuseppe Fera concedeva alla Congrega dei Massari la chiesa cosidetta di Sant’Agata la Seniore insieme alla sagrestia e con le case aderenti…”
Ma dove si trovava esattamente questa vecchia chiesa?
Ebbene la chiesa era ubicata nella via di Porta Pescaria, strada che successivamente avrebbe preso l’attuale nome di via Felice Cavallotti. Inizialmente dedicata a Sant’Agata la stessa chiesa passò poi sotto il titolo di San Calogero Eremita; ed oggi, non più esistente, è stata trasformata in un magazzino di proprietà privata.
La chiesa di Sant’Agata fu in seguito trasferita in una piccola traversa di via Roma; e qui, a ricordo di quella presenza, rimane un antico portale in pietra, oggi sul prospetto di una civile abitazione, e lo stesso nome della strada che da allora ebbe a chiamarsi proprio Via Sant’Agata. Alcune notizie su come fosse nel 1761 la chiesa di Sant’Agata, le troviamo in un vecchio manoscritto di Don Giò Andrea Guarino il quale scrive testualmente che: “…à 7 Novembre 1761, feci aprire la porta nel mezzo del muro, con murare l’altra porta à man sinistra, giacchè l’altra à man destra era già murata à 17 Maggio; e feci collocare la su detta Apertura di castagna in detta Porta, coll’intagli, ed Architrave di pietra à 10 Novembre 1761.
E perché in detto Architrave v’erano scolpite le seguenti parole: Hec est domus Societatis Rubeonum, per essere la detta Casa solerata della sopra detta Compagnia delli Rossi; feci cancellare: domus societatis Rubeonum, con fare scolpire: Hec Ecclesia S. Agatha V. e M…Nell’istesso tempo, si fece un’apertura colla sua scala per salire nel Lettorino dè Musici, come anco sotto li 18 Novembre si fece l’inciacato…”
Sempre lo stesso sacerdote scrive che in quella chiesa aveva la sua sede la Congregazione di Giuseppe e Maria che, giusto nel periodo di Carnevale, usciva in processione per la città, vestita con abito di penitenza frustandosi con adeguati strumenti per espiare i peccati dei termitani. A ricordo di quella chiesa, e della fervida devozione dei termitani nei confronti di Sant’Agata, oggi ci rimane soprattutto la notevole opera pittorica di Vincenzo La Barbera che ne raffigura proprio il martirio, (foto) e che si conserva nella pinacoteca del nostro Museo Civico.
Contenuto a cura di Nando Cimino
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