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Nella fattispecie lo scritto ci parla di una orazione panegirica da recitarsi l’8 dicembre alla Immacolata, ed una successiva per il giorno 11 gennaio 1789; stavolta però proprio in onore della “Nostra Signora del Terremoto”.
A quale immagine in questo caso si faceva riferimento, e perché? E’ da ritenere che il pensiero di rivolgersi in preghiera alla Madonna in segno di ringraziamento per lo scampato pericolo, indicandola proprio come “Nostra Signora del Terremoto”, facesse riferimento al grande e catastrofico evento sismico che era accaduto in Sicilia proprio il giorno 11 gennaio del 1693 domenica.
Il movimento tellurico, di particolare violenza, aveva infatti colpito l’intero Val di Noto nella zona orientale della nostra isola seminando distruzione e morte, ma risparmiando la parte occidentale della Sicilia ed in particolare la provincia di Palermo; dove le scosse erano state si avvertite, ma avevano provocato minori danni.
E’ assai probabile che la “Madonna del Terremoto” indicata nel documento, ed in questa mia teoria sono confortato anche dal qualificato parere di Gaetano Spicuzza, fosse la piccola ed antica statua lignea del seicento che vedete in foto e che ancora oggi si conserva nel Duomo della nostra città.
In quella occasione la Sicilia tutta si affidò a Maria.
Il tragico evento viene ancora oggi tristemente ricordato come “u tirrimotu ranni”; e ad esso si riferiscono i versi di una antica ballata popolare che fa così:
All’unnici ‘i jnnaru, a vintinura
fu pi tuttu lu munnu ‘na ruina.
Piccili e ranni sutta li tumpuna
ricienu: «Ajutu» e nuddu ci ni rava.
Si nn’era pi Maria, nostra Signora
tutti fòrrumu muorti all’ura r’ora;
all’ura r’ora, ciancirièmmu forti
si Maria nun facia li nostri parti
c’è bisuognu ri stàrici a li curti,
ca cala Cristu cu scritturi e carti.A CURA DI NANDO CIMINO
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