Saldi: il 27% delle famiglie approfitterà dei saldi invernali, con una spesa media inferiore del 4,9% rispetto al 2023

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Saldi: il 27% delle famiglie approfitterà dei saldi invernali, con una spesa media inferiore del 4,9% rispetto al 2023. Crisi, rincari e Black Friday frenano la corsa agli acquisti.

L’inizio dell’anno coincide con l’avvio della stagione dei saldi. In alcune regioni le vendite promozionali hanno preso il via il 2 gennaio, in quasi tutto il resto d’Italia partiranno, invece, il 5 gennaio. L’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori stima una stagione non troppo rosea per i saldi invernali: circa il 27% delle famiglie approfitterà delle vendite promozionali. Se aumenta leggermente il numero di famiglie che approfitteranno degli sconti, si abbassa invece la spesa media, che secondo le nostre stime si attesta a 169,70 euro a famiglia (il 4,9% in meno rispetto a gennaio 2023). Esiste, però, un forte divario: vi sono infatti famiglie che spenderanno cifre ben superiori a questa media, altre che non effettueranno alcun acquisto.  Tra coloro che acquisteranno a saldo non manca chi ha “rimandato” qualche regalo di Natale al periodo di vendita promozionale, per acquistarlo a prezzi più vantaggiosi. A determinare il calo della spesa vi sono le numerose promozioni ormai divenute abituali nel periodo pre-natalizio, di cui le famiglie hanno approfittato ampiamente, specialmente per i regali di Natale. Inoltre contribuisce il cambiamento climatico, che ha determinato temperature sopra la media che non aiutano a spingere al rialzo l’acquisto dei capi invernali.

Oltre a ciò, prosegue la situazione di difficoltà che interessa molte famiglie, costringendole a rinunce e atteggiamenti di consumo improntati alla prudenza, soprattutto in vista dei rincari che arriveranno nel 2024, che il nostro Osservatorio ha stimato pari a 1.011,26 euro a famiglia. Chi ha intenzione di effettuare acquisti approfittando dei saldi deve comunque tenere a mente alcune regole e raccomandazioni importanti: il rischio di incorrere in un inganno purtroppo è sempre dietro l’angolo ed è diffusa la possibilità di imbattersi in promozioni decisamente poco vantaggiose.

Nuove regole

Il 1 luglio è entrato in vigore il Decreto legislativo che impone maggiore trasparenza negli sconti di fine stagione, che era stato approvato lo scorso 7 marzo in attuazione della Direttiva europea 2019/2161 (cosiddetta Direttiva Omnibus). Le nuove regole sui prezzi di vendita si applicano sia ai negozi fisici che ai siti di e-commerce. Lo scopo della normativa è smascherare e sanzionare i commercianti scorretti che, poco prima dei saldi, alzano i prezzi a tavolino, per poi ribassarli repentinamente e far apparire percentuali di sconto “fasulle” che invoglino maggiormente i malcapitati clienti. La normativa interviene sul Codice del Consumo introducendo nuove disposizioni: il nuovo articolo 17bis del Codice del Consumo prevede l’obbligo, per i negozianti, di indicare chiaramente, oltre alla percentuale di sconto e al prezzo finale, anche il prezzo più basso applicato nei 30 giorni antecedenti l’avvio dei saldi. Anche nel caso in cui la riduzione di prezzo, nel corso della stessa campagna promozionale, aumenti, il prezzo di riferimento per il periodo precedente dovrà essere lo stesso prezzo esposto inizialmente.

La nuova regola è, però, derogata in alcuni casi:

  • se i prodotti in promozione sono stati immessi sul mercato da meno di 30 giorni, il “prezzo precedente” sarà quello che il venditore ha applicato nell’arco di tempo inferiore a 30 giorni che precede la promozione; il venditore dovrà indicare il periodo di tempo di riferimento;
  • nel caso di prezzi di lancio, di vendite sottocosto e di vendita di prodotti agricoli e alimentari deperibili.

I commercianti che non si atterranno a questa nuova regola andranno incontro al rischio di una sanzione da 516 a 3.098 euro.

 Prezzi

L’art. 15 del D.Lgs. n. 114/98 dispone che il cartellino debba indicare sia il prezzo “pieno” che quello ridotto nonché la percentuale di sconto (a cui ora si aggiunge anche il prezzo più basso applicato nei 30 giorni antecedenti l’avvio della stagione dei saldi). Per evitare che i potenziali clienti possano confondere la merce in saldo con gli altri articoli in vendita, negli espositori, le due categorie di prodotto dovranno essere separate.

Lo sconto riportato sul cartellino è quello che l’esercente è tenuto ad applicare e perciò, se alla cassa venisse chiesto il pagamento di una cifra differente, è opportuno farlo subito presente al negoziante. Qualora si presentino difficoltà non esitare a rivolgersi alla Polizia Municipale o alla Guardia di Finanza.

La normativa vigente obbliga gli esercizi commerciali a garantire ai clienti il pagamento tramite POS, quindi con carta di credito o bancomat. Nel caso in cui l’esercente non consenta tale opzione di pagamento, è possibile segnalare l’episodio alla Guardia di Finanza.

In linea di massima è preferibile evitare di acquistare nei punti vendita che non espongano la percentuale di sconto ed i prezzi (quello pieno, quello scontato e quello più basso applicato nei 30 giorni antecedenti), nonché diffidare delle offerte eccessivamente vantaggiose (pari o superiori al 60%), dietro a cui potrebbe nascondersi un tentativo di truffa o un prodotto contraffatto.

Accade spesso che nei negozi vengano aggiunti, tra la merce in saldo, prodotti che non sono di fine stagione ma che, semplicemente, sono delle rimanenze di magazzino. In questo caso lo sconto potrebbe non essere così conveniente, soprattutto se si considera che si tratta di uno sconto applicato su merce che sta in deposito da molto tempo.

Prove e Cambi

I punti vendita non sono tenuti per legge a permettere la prova dei capi di abbigliamento prima dell’acquisto, così come, in assenza di vizi o difetti, il cambio del prodotto è rimesso alla discrezionalità del commerciante.  In generale consigliamo di diffidare di quegli esercizi che non consentono di provare i capi: potrebbe essere indice di poca trasparenza. Inoltre, prima di acquistare qualcosa in saldo, assicuratevi di poterla restituire se e qualora non dovesse andare bene. È poi buona norma evitare di acquistare prodotti la cui etichetta non indichi, oltre alla composizione, anche le modalità di manutenzione: si eviteranno così spiacevoli incidenti nelle operazioni di lavaggio.

Garanzie

Se da una parte il negoziante non è tenuto per legge a sostituire un prodotto integro, la situazione cambia radicalmente in caso di prodotto difettoso.

Il D.Lgs. n. 24/2002 stabilisce un periodo di garanzia di due anni per i prodotti nuovi e di un anno per i beni usati, anche nel caso di merce acquistata a saldo: è quindi bene conservare lo scontrino (e possibilmente fotocopiarlo, considerando che le ricevute in carta chimica tendono a sbiadire dopo pochi mesi) per chiedere al negoziante la sostituzione del prodotto difettoso o che comunque presenti un vizio di conformità che ne pregiudichi l’utilizzo, emerso entro i 24 mesi dall’acquisto.

In alternativa alla sostituzione è possibile usufruire della riparazione o richiedere una riduzione proporzionale del prezzo o ancora scegliere la risoluzione del contratto. Va precisato che l’opzione non deve risultare eccessivamente onerosa o oggettivamente impossibile per il venditore.

Il bene deve essere conforme al contratto di vendita o comunque alle descrizioni rilasciate: nel caso in cui questo non avvenga, il cliente può chiedere il rimborso del prezzo pagato. Segnaliamo che anche la pubblicità deve rispondere a tale criterio.

Qualora il venditore rifiuti di ottemperare ai propri doveri o venga richiesto il pagamento delle riparazioni adducendo la mancata copertura del difetto nel quadro della garanzia, ma tali dichiarazioni non risultino opportunamente dimostrabili, il consumatore potrà chiedere assistenza ad uno sportello Federconsumatori per ricorrere al Giudice di pace del Tribunale più vicino.

Al fine di evitare equivoci, è opportuno tenere presente che gli impegni assunti dal produttore, cioè le garanzie convenzionali, sono vincolanti per il produttore stesso, ma non sostituiscono la garanzia legale; quindi, riparazioni e sostituzioni devono essere richieste direttamente al negoziante: sarà poi quest’ultimo, in presenza di garanzia convenzionale, ad indirizzare eventualmente il cliente al servizio assistenza del produttore.

Acquisti online

A differenza di quanto accade per gli acquisti effettuati direttamente nei negozi, nel caso dello shopping online non è sempre possibile consultare tutte le informazioni relative al prodotto. È pertanto opportuno controllare con attenzione la completezza e l’esaustività della descrizione e la buona qualità delle immagini disponibili per inquadrare il prodotto nel suo complesso.

Proprio tenendo in considerazione l’impossibilità di verificare fisicamente le condizioni e la qualità dei prodotti, il Codice del Consumo prevede particolari tutele per gli acquisti online e a distanza: è il caso, ad esempio, del diritto di recesso, qui previsto, che invece, come già precisato, non sussiste per gli articoli comprati nei locali commerciali. L’utente ha 14 giorni di tempo a partire dal momento della consegna per restituire il prodotto e richiedere il rimborso totale dell’importo pagato. Ad ogni modo è preferibile consultare sul sito scelto le indicazioni relative al diritto di recesso.

Nel caso in cui l’acquisto non avvenga dal sito dell’azienda ma attraverso un’altra piattaforma, è necessario verificare l’affidabilità dell’intermediario e la provenienza della merce.

Per garantire la sicurezza dei pagamenti, siano essi effettuati tramite carta di credito, carta di debito, bonifico o altri mezzi, è importante utilizzare una connessione protetta, controllare che l’indirizzo del sito web sia preceduto da HTTPS (e non da HTTP) e verificare la presenza dell’immagine di un lucchetto, in alto a sinistra nella barra degli indirizzi del browser del sito o della pagina della transazione.

Ricordiamo infine che tutti i siti sono tenuti a riportare l’informativa sulla privacy e sul trattamento dei dati personali.

 
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