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Il processo di appello si è aperto il 9 ottobre scorso. L’imputato è accusato di omicidio aggravato e occultamento di cadavere.
La famiglia della vittima e il Comune di Caccamo sono parte civile nel processo con l’assistenza degli avvocati Giuseppe Canzone, Giovanni Castronovo, Simona La Verde e Sergio Burgio.
Il sostituto procuratore generale Maria Teresa Maligno aveva chiesto la conferma dell’ergastolo.
Pietro Morreale è difeso dall’avvocato Gaetano Giunta.
Alla lettura del dispositivo presenti tutti i parenti di Roberta, il padre, la madre, il fratello, la nonna zia e cugini e tanti amici.
Legale imputato ha chiesto riapertura dibattimento
L’avvocato Giunta che difende il giovane ha chiesto che si riaprisse il dibattimento e che i giudici facessero verifiche sui luoghi del delitto. Morreale ha sempre negato di essere l’autore dell’omicidio. Per gli avvocati della famiglia le prove sono chiare e la ricostruzione fatta nel processo di primo grado è l’unica logica per cercare la verità sulla morte di Roberta.
In primo grado, il diciannovenne caccamese era stato condannato anche al risarcimento del danno nei confronti della madre della vittima, Iana Brancato, per 225 mila euro; al padre Filippo Siragusa, per 229 mila e al fratello Dario, per 209 mila e alla nonna Maria Barone per 117 mila euro. Pietro Morreale dovrà risarcire anche il Comune di Caccamo con una provvisionale esecutiva di 15 mila euro.
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