Si è voluto premiare – dice il Commissario Caltagirone – non solo lo spirito agonistico di una persona che, ha fatto della disciplina sportiva, il suo punto di forza ma, l’esempio ed uno stile di vita che, merita di essere raccontato per il fine sociale che esso rappresenta.
L’essere donna – continua Caltagirone – al giorno d’oggi, non può lasciare adito a libere interpretazioni nell’uso più esclusivo del termine. Daniela è la risposta a una “minaccia fisica” che l’ha colpita
ed alla quale ha dato, in modo libero, risposta con il suo corpo.
Una vittoria conquistata con audacia e impegno, espressione di una capacità mentale e fisica che l’ha portata al traguardo.
Daniela ha agito con libertà di scelta, diritto che in ogni momento, ogni persona e, quindi ogni donna, deve poter godere. Ma se al tempo stesso, parliamo di libero arbitrio, esso in quanto principio morale, non ci permette di agire e di pensare volontariamente, per recare danno altrui. E, su quanto accade alle donne, sento il dovere di dire che, l’uomo deve essere in grado di conciliare la propria interiorità con la propria forza fisica, in modo da non recare violenza alcuna alla donna
ma, generare rispetto in quanto “persona”.
Così si racconta Daniela: Ho sempre amato lo sport, ho praticato pallavolo e camminata sportiva e talvolta mi sono cimentata nella corsa.
Dopo la diagnosi di tumore al seno, quasi quattro anni fa, il successivo intervento e non poche vicissitudini legate a un rigetto, non ho mai smesso di mettere al centro della mia vita l’attività sportiva, a maggior ragione per affrontare con più forza e determinazione gli effetti delle cure e delle terapie. Ho iniziato un percorso di amore per la mia persona, cercando di rendere straordinario ogni giorno che avrei dovuto affrontare. Casualmente mi sono appassionata alla maratona di New
York come evento simbolico a cui molte persone prendono parte per raggiungere degli obiettivi speciali. Così ho iniziato ad allenarmi in solitaria, seguita da un coach a distanza. Passo dopo passo ho affrontato tante gare in Sicilia per familiarizzare con un ambiente per me del tutto nuovo.
Ho incontrato donne con il mio identico percorso che erano rinate grazie alla corsa e allo sport e ho abbracciato un progetto più grande: correre per la ricerca insieme alle Pink Ambassador della Fondazione Veronesi.
La maratona di New York ha rappresentato la summa di tutti i miei sforzi. Fare parte di un momento così intenso, con un’umanità piena di sogni speciali, mi ha fatto alzare ogni giorno per allenarmi, in
qualsiasi condizione psico-fisica e climatica. Ho affrontato la maratona con umiltà, trovando, kilometro dopo kilometro, delle motivazioni forti che mi hanno permesso di giungere, non senza difficoltà, alla finish
line! L’onda di affetto delle persone che hanno seguito la mia preparazione e i miei sforzi mi ha dato un’energia fortissima.
La maratona è una sfida con i propri limiti fisici e mentali: alla fine ne sono uscita rinnovata, stanca ma soddisfatta. E soprattutto orgogliosa di essere divenuta esempio e stimolo per ogni cittadino della nostra
piccola comunità madonita.
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