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Nella scorsa udienza, il procuratore d’appello, Maria Teresa Maligno, ha chiesto la conferma della condanna all’ergastolo per Morreale.
Nel corso della sua requisitoria il PG ha ripercorso non solo le fasi del delitto, ma anche il rapporto burrascoso tra i due giovani, contrassegnato dalle violenze fisiche. Sarebbero stati accertati 33 episodi che avevano sconvolto la vita della giovane.
Nel corso della ricostruzione è stato sottolineato anche il comportamento, dopo la morte della giovane, assunto da Pietro Morreale che, con animo freddo e calcolatore, ha cercato addirittura di precostituirsi un alibi, inviando dei messaggi all’ex fidanzata, pur sapendola già deceduta. Il suddetto quadro probatorio si pone in stridente contrasto con la tesi difensiva, che con l’atto di appello ha sostenuto che non fu omicidio, bensì un tragico incidente, prospettando alternativamente la tesi del suicidio.
Gli avvocati della famiglia Siracusa, Giovanni Castronovo, Giuseppe Canzone, Sergio Burgio e Simona La Verde, i quali, oltre spiegare le ragioni scientifiche per le quali la sentenza di primo grado va confermata, hanno ribadito con forza che non vi è nessun intento di vendetta da parte della famiglia Siracusa, ma solo il diritto di avere una risposta certa al fine di sapere quali sono state le cause della morte della giovane caccamese e soprattutto chi l’ha uccisa.
Secondo i legali nel corso del dibattimento si è raggiunta la piena prova della responsabilità dell’imputato, ragion per cui la sentenza emessa dalla corte di assise di Palermo merita di essere confermata sussistendo tanto l’aggravante della premeditazione che quella legata alla sussistenza del rapporto sentimentale che legava la vittima al caccamese scomparsa a soli 17 anni.
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