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Pietro Morreale è stato condannato in primo grado all’ergastolo per il delitto di Roberta. Nei motivi d’appello il difensore di Morreale, avvocato Gaetano Giunta, contesta l’aggravante della premeditazione e il movente della gelosia. Per la difesa dallo scambio di messaggi in chat della vittima ed un altro ragazzo emergerebbe che l’imputato non aveva mai avuto atteggiamenti violenti o possessivi.
In primo grado, il diciannovenne caccamese era stato condannato anche al risarcimento del danno nei confronti della madre della vittima, Iana Brancato, per 225 mila euro; al padre Filippo Siragusa, per 229 mila e al fratello Dario, per 209 mila e alla nonna Maria Barone per 117 mila euro. Pietro Morreale dovrà risarcire anche il Comune di Caccamo con una provvisionale esecutiva di 15 mila euro.
In attesa dell’inizio d’appello l’avvocato Gaetano Giunta che difende il giovane aveva chiesto la scarcerazione. Ad inizio giugno la richiesta è stata rigettata.
I familiari di Roberta Siragusa sono assistiti dagli avvocati Sergio Burgio, Giuseppe Canzone, Giovanni Castronovo e Simona La Verde.
Secondo l’accusa, Pietro Monreale avrebbe litigato con la vittima durante una cena con amici. La coppia si sarebbe allontanata in auto e avrebbe raggiunto la zona del campo sportivo. Il ragazzo, che temeva di essere lasciato, avrebbe colpito con un sasso Roberta tramortendola, poi le avrebbe dato fuoco con della benzina che aveva in auto e l’avrebbe guardata bruciare per 5 interminabili minuti. Avrebbe poi caricato il corpo in auto e l’avrebbe buttato in un fosso in contrada Monte Rotondo dove ora sorge un luogo di preghiera dedicato a Roberta (clicca qui).
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