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Da qui la condanna in primo grado a un anno e quattro mesi di reclusione emessa dal Tribunale di Termini Imerese.
La prima sezione della Corte d’appello di Palermo presieduta da Adriana Piras, però, ha accolto la tesi del difensore della donna, l’avvocato Giuseppe Minà, ribaltando la sentenza di condanna: è stata assolta con la formula più ampia e liberatoria.
La donna, originaria di un comune della Madonie, attraverso una denuncia presentata ai carabinieri, aveva incolpato un uomo affermando di essere stata vittima di abusi sessuali. Gli approfondimenti investigativi, tuttavia, avevano avuto esito negativo, in quanto non erano stati trovati negli indumenti intimi tracce biologiche del presunto violentatore. Quindi erano stati sollevati dubbi sul racconto della denunciante, rinviata a giudizio per calunnia.
L’uomo, però, era effettivamente sul posto dove sarebbe avvenuto il fatto. Inoltre, lo zio che si trovava sul piano superiore non ha sentito nulla in ragione del fatto che alla donna era stato impedito di parlare.
La difesa, infine, ha sostenuto la veridicità del suo racconto perché, nell’immediatezza dei fatti, quando chiamava soccorso, piangeva, pertanto il suo stato d’animo era sicuramente turbato. Oltre all’evenienza che non c’erano ragioni per cui avrebbe dovuto accusare falsamente l’uomo.
La linea difensiva è stata totalmente accolta dalla Corte d’appello, che ha assolto la donna con la formula piena.
«La mia cliente – afferma l’avvocato Giuseppe Minà – è uscita da un incubo, dopo essere stata additata per diversi anni come una calunniatrice, con l’accusa infamante di avere falsamente accusato un uomo di averla stuprata. Il proscioglimento della mia assistita costituisce una bella pagina della giustizia italiana».
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