3.Fatti del giorno

Inferno di fuoco: la lettera di una giovane di Gratteri al presidente della Regione Siciliana

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Caro presidente, a scriverle è una ragazza di vent’anni che studia fuori.

Dopo la prima ondata di fuoco del 25 luglio speravo di partire mantenendo fisse nella mente le immagini del mio bellissimo paese.

Ma lo so e lo sa anche lei, questi eventi qua sono difficili da gestire sebbene ben prevedibili. Tremo all’idea di vedere la mia Sicilia dall’alto e rendermi conto che quella che lascio è una terra che perde sempre più la bellezza paesaggistica e la qualità di aria/suolo che fin oggi ha sempre vantato e posseduto.

Lascio questa terra con la consapevolezza che in Sicilia è difficile rischiare. È difficile fare sacrifici sapendo che forse, in una tipica giornata d’agosto, i tuoi sacrifici svaniranno nel giro di qualche minuto.

È difficile vivere in Sicilia, difficile credere al suo sviluppo, difficile pensare di aprire un’azienda o creare impresa. Me ne compiaccia, sono un’eterna patriota, ma forse l’amore non sempre basta. Non basta amare un luogo per proteggerlo, per quello servono uomini e mezzi.

Non serve amare un luogo per spegnere le fiamme, per quello servono uomini e mezzi funzionanti. Non serve amare un luogo, creare una famiglia e un futuro se poi alla prima chiamata d’urgenza ti rispondono che i mezzi sono pochi, gli uomini sfiniti. E allora ecco, io l’amore l’ho visto comunque, nelle donne che distribuivano acqua, negli uomini che provavano a salvare le proprie case, in mio padre che quasi dal fumo non ci vedeva più. Questo è amore caro presidente, ma non basta. Non basta più.

Forse oggi ho capito che i miei amici, quando pensano di non tornare più, non sono stupidi, sono realisti.

Pensa davvero che un giovane abbia il coraggio di aprire un’azienda agricola in un luogo che brucia anno dopo anno? Pensa davvero che un giovane se la senta ad aprire un agriturismo quando poi i suoi ospiti affacciandosi vedano una terra rovinata? È questo che possiamo offrire? È questo che vorrebbe per i suoi cari?

Non facciamo conferenze allora sui giovani che emigrano, parliamo di tutela del territorio, di prevenzione.

Parliamo di incentivi per le forze antincendio, di incremento dei controlli, di sanzioni. Non giudichiamo chi perde la speranza, non condanniamo chi trova un mondo migliore e decide di partire via.

Sarebbe da stupidi credere in qualcosa che prima o poi è destinata a perdersi. Non giudicateci allora, siamo giovani e vogliamo sicurezza, vogliamo possibilità, non speranza.

Dicono che la speranza sia l’ultima a morire, in questo caso a morire sono state persone che cercavano di salvare i propri averi, di una donna che ha combattuto per i suoi cavalli.

È un destino al quale, anno dopo anno, state condannando la nostra amata terra.

P.S: so già della mancata risposta e presa visione, intanto io ci provo e le lascio in allegato qualche deliziosa cartolina.


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Redazione

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