Termini Imerese: “Santa Marina facitini veniri bona a racina”

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Forse non tutti lo saprete; ma anticamente la piana del San Leonardo, su cui si affaccia la chiesetta di Santa Marina, era coltivata quasi interamente a uva. Le principali varietà che si ricordano erano quelle dette marsigghiana, ciminnita, curniola, varba russa e l’apprezzatissima “lacrimi ri Maronna”.

Si sappia pure che si trattava nella quasi totalità di pergolati; da cui, iniziata l’estate, i grappoli incominciavano a scendere copiosi. Un anziano, che ben conosceva le abitudini del posto, ebbe una volta a raccontarmi che già a luglio, fra quei vigneti, incominciavano a farsi vedere “chiddi du comitatu”.

Erano spesso alcuni degli stessi proprietari delle terre che ogni anno, e con largo anticipo, incominciavano a raccogliere fondi per la organizzazione della festa di santa Marina. I jardinara, che ne erano in gran parte devoti, contribuivano tutti con piacere; e, ricevuta l’offerta, il questuante rilasciava come ringraziamento, un santino grande raffigurante proprio la nostra compatrona.

Pare fosse usanza comune, una volta ricevuta la sacra immagine, di prendere qualche filo di ddisa e appendere la stessa ad uno dei pali di sostegno delle pergole. Il perché lo capirete subito. Infatti, ultimata questa operazione, ed ogni qual volta si andava o jardinu, dopo aver fatto il segno della croce si recitava una preghierina che si concludeva così: “Santa Marina, facitini veniri bona racina”.

E da ciò, almeno negli scopi, possiamo quindi immaginare una continuità tra alcuni santi, in questo caso Marina, e la Dea Copia; divinità pagana che era invocata dagli antichi romani per garantirsi abbondanza e prosperità. In ogni caso, preghiere a parte, il particolare microclima della zona, assicurava quasi sempre frutti ottimi ed abbondanti. Così come abbondante era anche il ricavato della questua; che dava la possibilità al comitato di organizzare ogni anno una bella festa che si concludeva, con grande partecipazione popolare, la prima domenica di settembre.
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