Il venerato quadro e la devozione alla Madonna della Milicia FOTO

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Il dipinto raffigurante la Madonna con il Bambino, San Francesco e il committente (comunemente invocata come Madonna della Milicia o Madonna di Loreto), conservato nell’omonimo santuario di Altavilla Milicia risale al tardo Trecento, o inizi del Quattrocento.

L’opera si colloca in un periodo storico in cui come supporto per la pittura si usava la tavola, e non ancora la tela: misura cm 76,5 x 101,5 ed è composta da due tavole di abete trasversalmente trattenute da altre due tavole: una, quella superiore, in legno di castagno e l’altra, più in basso, in rovere.

Il dipinto è di autore anonimo, ma – a mio parere per analogie stilistiche – potrebbe essere attribuibile al pittore ligure Niccolò da Voltri (Nicolaus De Vulturo). Ipotesi questa, avvalorabile da eventuali dati documentali.

Sappiamo, da recenti studi del prof. S. Brancato, che il quadro si trovava nel territorio della Milicia già nel 1589: tale feudo apparteneva allora a Nicola e Lucrezia Galletti, conti di Gagliano. Precedentemente era appartenuto alla famiglia Bellacera. Nel 1620 per difficoltà finanziarie, i Galletti vendettero, contestualmente e tramite un’asta per 12.800 onze, i feudi di Cangemi e Grande presso Regalbuto ed il territorio della Milicia al ricco e potente Francesco Maria Bologna. La fondazione del paese risale al 1621 allorché i Magnifici Giurati della città di Termini Imerese, dopo varie vicissitudini, concessero a Francesco Maria Beccadelli la licenza di popolare la terra della Milicia. Nel 1623, egli, per 3 mila ducati acquisterà il titolo di marchese di Altavilla. Il Bologna all’epoca era sposato in seconde nozze con Francesca Grimaldi, di chiare origini genovesi.

La parrocchia venne fondata nel 1623 sotto il titolo di Beata Vergine Maria e del Beato Serafico santo Francesco. Tuttora meta di pellegrinaggi, specialmente dal 6 all’8 settembre, periodo in cui si svolge la nota festa patronale. L’odierno santuario è retto da mons. Salvo Priola.

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La festa patronale dedicata alla Madonna della Milicia può considerarsi la più importante e frequentata della Sicilia Occidentale, dopo il Festino di santa Rosalia. Si svolge dal 6 all’8 settembre di ogni anno. Oltre alle celebrazioni liturgiche, molteplici sono le iniziative e le attrattive presenti per le vie del paese organizzate dal Comitato per i festeggiamenti: tra tutti lo spettacolo del Carro trionfale trainato da buoi attraverso le due vie principali del paese (in via Roma: l’acchianata e in via Loreto: a scinnuta), la Volata degli Angeli col canto del panegirico a Maria e poi il tradizionale canto di un’antica novena in dialetto siciliano, eseguito di notte da due cantori popolari con l’accompagnamento della fisarmonica.

Il folclorista Giuseppe Pitrè, in Feste patronali in Sicilia descrisse la festa com’ era ai suoi tempi. Luigi Natoli nel noto romanzo nel storico I Beati Paoli fa menzione dei pellegrinaggi che – a suo dire – erano da poco iniziati sul finire del XVII secolo: Era il 1698…Dopo due giorni arrivarono alla Milicia, allora piccolo casale di poche centinaia di anime, intorno a una chiesa e a un fondaco…Inoltre aveva acquistato da poco tempo una grande rinomanza l’immagine della Madonna di Loreto, cui era dedicata la chiesa della Milicia, e per i miracoli che essa faceva, era meta di più pellegrinaggi votivi.

Passando dal profano al sacro, mi accingo ora a descrivere ed analizzare il venerato quadro. Notiamo subito che la Madonna è rappresentata in trono in atteggiamento ieratico: regge il Divino Infante con le due mani, mostrandolo a San Francesco d’Assisi. Un uomo è inginocchiato ai piedi della Vergine in atteggiamento orante, tutto assorto nella sacra visione: quest’ultimo sarebbe l’anonimo committente del quadro. Tutta l’immagine richiama la posizione di una Maestà in trono; tale positura potrebbe ricalcare il motivo iconografico bizantino della Panagìa Nicopoia ovvero della “Tutta santa che dona la vittoria”. La Madonna, infatti, è disposta frontalmente in atto di mostrare il Divino Infante ai due astanti: a san Francesco d’Assisi ed all’uomo inginocchiato. Nell’intenzione dell’anonimo pittore c’è inoltre la volontà di rappresentare una Madonna Hodigitria cioè “indicante la Via” (la cosiddetta Madonna dell’Itria o Litria che indica il Figlio, in quanto Via, Verità e Vita).

La Madonna indossa il maphorion ovvero il tipico mantello delle donne siriache ricoprente il capo e le spalle: tale mantello indica, proprio, come è definito nell’antico canone iconografico mariano bizantino, la natura divina della Vergine Maria. Il color porpora veste della Madonna rappresenta la sua natura regale ed umana; tale colore, infatti, era riservato ai regnanti che in età bizantina, nascevano in una stanza tappezzata di colore porpora: erano quindi detti “porfirogeniti.”

I volti della Madonna, del Divino Infante e di san Francesco sono circondati da un’aureola dorata; la Madre di Dio indossa sul capo una corona, in quanto Regina e Signora di tutto il creato.

La tunica del Figlio è di colore aranciato con la bordatura del collo, dei polsini e del lembo finale crisografati (dipinti in oro), come lo è la tunica stessa della Madonna. L’aranciato, proprio nell’iconografica del Cristo-Infante-Re allude al colore dell’argilla rossastra, che richiama l’Adamah ovvero alla terra da cui Adamo è stato creato.

Il Bambino tiene nella mano sinistra il rotolo della pergamena della Sapienza divina, cioè le Sacre Scritture. Si smentisce pertanto qui l’ipotesi comunemente nota per cui il Divino Infante tenga fra le mani il documento attestante lo Ius populandi del feudo della Milicia, e stia per consegnarlo al fondatore del paese (popolarmente identificato col committente orante raffigurato nel dipinto). La positura della mano destra del Bambino risulta inusuale rispetto all’iconografia consueta; infatti, Egli non si trova in atto canonico di benedire con le tre dita della mano: non è pertanto da considerarsi un Cristo benedicente. E a meno che interposizioni pittoriche dei secoli passati non abbiano scemato il dipinto di elementi pittorici oggi non più visibili.

Il Poverello di Assisi sembrerebbe tenere in mano qualche elemento, oggi non più riportabile alla vista, quale un bastone (in allusione alla pastorale francescana, al suo essere guida e pastore dell’Ordine) o forse un fiore (in omaggio alla Madre di Dio) oppure una Croce (in allusione alla futura Passione del Figlio, che per altro potrebbe essere richiamata dal volto serioso e quasi triste della Madonna). Con la mano destra, san Francesco parrebbe affidare alla protezione della Vergine quell’uomo inginocchiato davanti a Lei. La Vergine rivolge il suo sguardo non verso san Francesco né verso il “committente”: guarda al di fuori della scena; guarda verso di noi.

Tutte le figure sono pallidamente illuminate da una luce proveniente dal lato sinistro, che produce nei volti l’effetto cromatico di un sottile gioco di luci e ombre. L’anonimo pittore del dipinto non era un artista senza cultura, ma per le valenze teologiche della tavoletta, egli sembrerebbe un artista colto, conoscitore delle scienze sacre e mariologiche nonché della pittura di soggetto mariano dei secoli precedenti; insomma, non era uno sprovveduto e incolto pittore di paese.

Allo stesso pittore della Madonna della Milicia è stato attribuito dalla docente di Storia dell’Arte dell’Università di Palermo, Maria Concetta Di Natale, (con la quale ho avuto più volte scambi di opinioni), un altro dipinto di simile fattura: la Madonna in trono col Bambino conservata nel Museo Diocesano di Palermo proveniente dalla chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi di Palermo. “Il dipinto – afferma M.C. Di Natale – è caratterizzato dallo stesso sfondo comparso, dopo il restauro, nella tavoletta tardo-trecentesca del Santuario di Altavilla Milicia, raffigurante la Madonna con il Bambino, San Francesco e il committente”.

Nel 1990, il venerato quadro della Madonna della Milicia è stato sottoposto ad opera di restauro, essendo rettore del santuario don Liborio Scordato. L’opera è stata accuratamente trasportata a Palermo presso lo studio dei maestri restauratori Antonino Pedone, Riccardo Mazzarino e Aldo Passafiume (per la parte pittorica) e Rosario Carcione e Giuseppe Perrone (per la parte lignea). Allora un manto di colore aureo in argento sbalzato (chiamato “rizza”) vestiva la Madonna e il Bambino; inoltre, c’erano apposti, tutti in argento le corone alla Madonna e al Bambino, le aureole, un cintolo e le mani di san Francesco. Tali ornati di argento, verosimilmente ottocenteschi, sono stati rimossi assieme allo strato di ridipinture effettuate nel corso dei secoli: attualmente sono esposti al pubblico presso l’Ufficio parrocchiale del santuario: nell’abito argenteo della Vergine, oltre a decorazioni a modo di fogliame, sono riprodotte a sbalzo due croci ottagone assimilabili alle note croci di Malta.

Il quadro venne poi sottoposto a tre esami: uno attraverso il metodo della pinacologia al fine di analizzare la qualità dell’impasto colorante, l’impronta della pennellata e le sue impressioni in rilievo e in profondità; un altro esame è stato quello effettuato attraverso raggi infrarossi e ultravioletti tramite la lampada di Wood al fine di individuare eventuali restauri precedenti e sovrapposizioni di pitture, colle, mastici e vernici di vario tipo. Il terzo esame è stato condotto attraverso i raggi X per individuare l’epoca e la struttura anatomica del dipinto.

Il venerato quadro, ritornato così all’antica fattura, è stato ricollocato nell’abside della chiesa dietro l’altare maggiore, dove ancora oggi molti devoti si recano per baciare l’immagine o per strofinare sul vetro che la protegge un fazzoletto o un pezzo di bambagia (gesto di valore indubbiamente apotropaico), che essi porteranno con sé quale sacro amuleto.

Bibliografia essenziale:

  • G. Brancato, S. Brancato, V. Scammacca, Uomini, lavoro e fede. Storia della Mìlicia Sottana (1398-1715), Edizione Comune di Altavilla Milicia, Altavilla Milicia 2004.
  • L. Pinzarrone, Le “fondamenta” della nobiltà e la colonizzazione della Mìlicia e la nascita di Altavilla nel XVII secolo in Mediterranea, ricerche storiche, anno VII, agosto 2010.
  • S. Mantia, La novena per la Madonna della Milicia: una spiegazione storica-antropologica, Lo Bono 2020.


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