Camminando per la città e avvicinandoti ai cortili dei quartieri popolari, nel passare sentivi per aria quasi un ronzio; qualcosa di indefinito e confuso che ti arrivava pian piano alle orecchie.
Era u ciuciuliàri delle donne che nel pomeriggio, terminate le faccende domestiche, anticamente si davano appuntamento nelle zone riparate dal sole per trascorrere insieme qualche ora all’aria aperta. Laddove c’era un curtigghiu si riuniva infatti il vicinato; spesso portandosi appresso la propria sedia e qualcuna anche ferri e cotone per l’uncinetto. Si parlava di tutto, ci si scambiava consigli e opinioni; ma a volte si sparlava pure.
Ecco quindi perchè il tono della voce era spesso tenuto basso; e chi si avvicinava lo percepiva quindi come fosse un ronzio.
A Termini i cortili erano veramente tanti; e proprio perchè piccoli e stretti, il sole vi batteva solo qualche ora. Ecco quindi che questi luoghi, soprattutto d’estate, diventavano il posto ideale per le riunioni di vicinato. In mancanza di palazzi era infatti quello il condominio di quei tempi; ma allora, a differenza dei condomini moderni, dove spesso non ci si parla nemmeno con l’inquilino dello stesso pianerottolo, i vicini si comportavano quasi come fossero parenti. Ci si confidava segreti, e non di rado ci si scambiava anche il cibo.
“Nunzia fici i babbaluccedi nni voi”? Nessuno rifiutava l’offerta; e magari l’indomani ricambiava con un bel piatto di “cucurrumò”; così venivano chiamate dai contadini le uova cotte con il pomodoro fresco e a cucuzza longa.
Nei cortili di Termini Imerese quindi, e questo fin verso la metà degli anni sessanta, l’estate era caratterizzata proprio dai suoni e dai profumi. Infatti, all’odore delle semplici pietanze, si univa anche quello del basilico fresco che proveniva dai vasi che tutti tenevano davanti alla porta o appesi alla finestra, o da fichi e pomodori, messi ad asciugare sulle tavole. Purtroppo oggi anche i vicoli sono invasi da macchine e motorini; nessuno vi si siede più per conversare, e questi lontani ricordi fanno ormai parte del passato.
(Nella foto u curtigghiu “Menzapinna”)