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Ma se succede, così come accadde a Termini, che quella motivazione, presentata come certezza assoluta, venne usata nei confronti del popolo per favorire la devozione verso il Beato Agostino Novello e sostituirla nel tempo a quella dell’originario patrono San Calogero Eremita, ecco che allora il discorso cambia.
Infatti non diventa più solo un tema di natura religiosa, ma si va ad incidere anche su consuetudini e tradizioni di un territorio e quindi pure su taluni aspetti di carattere antropologico. Perchè si arrivò a questo e chi materialmente ne “accese” la scintilla non so dirvelo; siamo infatti solo nel campo delle ipotesi e tutti potremmo farne. Sicuramente, ne diede una valida chiave di lettura un nostro erudito concittadino ovvero Angelo Jannelli, il quale a tal proposito così asseriva:
“…la storia bisogna leggerla scevri di qualunque spirito di municipalismo. Quella del Novelli è stata per se falsata dai pregiudizi religiosi del secolo trascorso allora quando non ci fu luogo dell’Isola che non la pretese al possesso di un santo proprio…”
Egli ci dice quindi, ma in tanti testi se ne parla, che in quegli anni del diciassettesimo secolo, era “usanza” che ogni città, per poterne fare vanto, faceva di tutto per “procurarsi” un patrono che fosse strettamente legato al proprio territorio ed ancor meglio se nativo del posto.
Anche a Termini si seguì evidentemente questa “moda”; e trovato un qualche appiglio a cui pure accenneremo, ma senza alcuna prova certa, si volle far passare il Beato Agostino Novello come nostro concittadino.
E così nel 1620 ne venne fatta arrivare una reliquia, e grazie anche ad appropriate iniziative “pubblicitarie”, se ne sviluppò con crescente ardore il culto.
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