Probabilmente la nostra città non era tra quelle che avrebbe dovuto essere oggetto di incursioni aeree; ma la presenza di importanti strutture di comunicazione come il porto e la ferrovia, e soprattutto quella di un treno armato posizionato all’interno della vecchia galleria ferroviaria, ne fece comunque bersaglio di bombardamenti.
“Termini a luttu e Palermu distruttu” si diceva; e questo ci fa ben capire di come i nostri antenati ebbero a vivere quei giorni di terrore.
I miei genitori erano ancora fidanzati, si sarebbero sposati nel ’49; ed i miei nonni materni, insieme alle due giovanissime figlie, andarono a rifugiarsi a Villàurea dove abitavano alcuni parenti.
Mio padre, aviere scelto armiere, poco più che ventenne, era già impegnato in operazioni di guerra. La notte tra il 12 e il 13 luglio di ottanta anni fa, pure Termini subiva quindi pesanti bombardamenti; ed anche se gli obiettivi principali erano altri, finirono con l’essere colpite pure numerose case del centro storico, il cui crollo provocò la morte di una quarantina di persone. La vittima più giovane fu Agata, una graziosa bambina di soli 5 anni; la più anziana Antonina, che di anni ne aveva invece 84.
Raccapricciante fu quello che successe poi nei pressi della Madonna della Catena; dove, dalle macerie di una casa, vennero estratti i corpi martoriati di ben cinque cadaveri, forse appartenenti ad un’unica famiglia.
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