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Gabriella Polizzi, nello scorso mese di marzo, in occasione della festa della donna, con coraggio, ha testimoniato la sua esperienza di vita e la sua lotta con la malattia, nell’ambito di un’iniziativa organizzata dall‘associazione Raffo Sport Club, in quell’occasione in cui ha commosso tutti, ha scritto poi su Facebook:
«Anche se la condivisione è sempre stata la mia forza...non è stato facile esternare parentesi particolari della mia vita e della mia malattia davanti ad una platea di persone, ma ce l’abbiamo fatta.
Grazie alla mia super sorella Giusi Polizzi che ha organizzato l’evento e mi ha dato l’occasione di raccontarmi.
Grazie alle persone presenti che con le loro emozioni mi hanno dato la forza di parlare…tra questi un grazie speciale a Giuseppina Sabatino che con la sua presenza a sorpresa mi ha regalato il più bel gesto di amicizia esserci.
Grazie alle altre mamme/donne che con i loro racconti hanno arricchito il pomeriggio dedicato appunto al
“Coraggio di essere mamme in situazioni difficili e stressanti”.
Grazie alla dott.ssa Manuela Ferrara che mi ha dato un simpatico appellativo
“Donna con le palle”, una professionista che con le giuste parole ha descritto in maniera semplice ognuna di noi e l’essenza dell’incontro. La donna è un essere speciale perché nonostante le difficoltà sa di potercela fare sempre soprattutto se deve “lottare” per i suoi figli: essere mamma».
Il ricordo di Mari Albanese
«Tu, cara Gabriella Polizzi, avevi i capelli rossi e le lentiggini. Un marito, due figli e una vita tutta da vivere. I capelli, dicevo, rossi come i tramonti di casa tua, stagliati sul ponte bianco che solo noi alimenesi possiamo capire. Con quel cunicolo che scende profondo, giù e ancora giù. Lunedì ti accompagneranno nel nostro piccolo paese dei morti. Le casette basse, le stanze strette. Un giorno tornerò anche io da quelle parti a farvi compagnia, sarà il luogo in cui mi fermerò, sotto ai cipressi che amo da sempre. Io e te, dopo gli anni di scuola ci siamo perse. Sapevo che la malattia ti stava logorando, ma morire alla nostra età non è giusto. È un’angoscia che il tuo sorriso non può lenire, che la voce che mi arriva alle orecchie, la tua, non può farsi preghiera. Sentivi freddo anche tu le mattine a scuola, eppure sorridevi. C’è caldo oggi, sei morta d’estate. Scusami se ti ho scritto, e non l’ho fatto al tramonto».
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