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I fatti risalgono al 2014 allorquando un paziente, proveniente dall’ospedale Cervello, veniva ricoverato presso la casa di cura Noto di Palermo.
In tale struttura il paziente restava in degenza per due settimane, durante le quali gli venivano effettuati tutta una serie di esami ed accertamenti, ma purtroppo decedeva.
I familiari sporgevano denunzia contro i medici della casa di cura Noto e così venivano avviate le indagini.
Veniva disposta l’autopsia e veniva riscontrato che l’uomo era deceduto a causa di una endocardite che non era stata diagnosticata.
I medici si sono sempre difesi sostenendo che il paziente non avesse mai avuto sintomi che potessero far pensare all’endocatdite, ed in primo grado sceglievano di essere giudicati con le forme del rito abbreviato.
Il Gip, dopo aver disposto una perizia d’ufficio, riteneva gli imputati responsabili del reato loro ascritto e quindi li condannava alla pena sospesa di un anno e quattro mesi di reclusione ciascuno.
I difensori degli imputati, gli avvocati Giovanni Di Benedetto, Francesco Paolo Sanfilippo, Giuseppe Inzerillo e Domenico La Blanca proponevano impugnazione asserendo che nessun profilo di responsabilità ci fosse stato perché i tre sanitari avevano fatto tutto il possibile per salvare il paziente e l’endocardite non poteva essere diagnosticata.
La Corte di Appello di Palermo ha dato ragione ai difensori ed ha quindi assolto i tre medici.
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