Termini Imerese, pedopornografia e violenza sessuale su minori, assolta una donna processata con l’accusa di essere stata la mente in un perverso gioco di ruoli con il compagno convivente.
La Seconda Sezione della Corte d’Assise di Palermo presieduta dal dott. Vincenzo Terranova, a latere dott. Mario Terranova, il 3 marzo 2023 ha assolto R.A., 48 anni, accusata in concorso con il compagno convivente di detenzione e diffusione di materiale pedopornografico e violenza sessuale su minori perfino di età inferiore a 10 anni. (Clicca qui per vedere cosa è successo).
La donna, difesa dall’Avv. Fabio Trombetta, tratta in arresto e condotta in carcere a novembre 2020, subito scarcerata dal Tribunale per il Riesame per un vizio di forma, di nuovo arrestata ed incarcerata nel gennaio 2021 e ancora una volta scarcerata in accoglimento di un nuovo Riesame cautelare, è stata infine assolta con formula piena per non avere commesso il fatto, al termine di una complessa istruttoria dibattimentale dinanzi alla Corte d’Assise di Palermo Sezione Seconda.
Le indagini, che avrebbero poi condotto alla cattura della donna e del suo convivente (quest’ultimo ancora oggi in carcere), presero avvio dalle denunce di alcuni genitori delle minori i quali, dopo aver scoperto che le loro figlie avevano intrattenuto delle conversazioni dal chiaro contenuto erotico, scambiandosi anche foto e video con certi profili Instagram che raffiguravano ragazzi apparentemente in età adolescenziale, ma dietro ai quali in realtà si nascondevano soggetti adulti, portarono alla scoperta investigativa di un giro di scambi di materiale pedopornografico sulla piattaforma Kik Messenger ed Emule, ciò anche grazie alla disamina degli indirizzi IP e la geolocalizzazione delle utenze, fissa e mobile, riconducibili alla coppia di Termini Imerese.
Dalla perquisizione eseguita presso l’abitazione della coppia, vennero rinvenuti 5 hard disk, una pen drive e due smartphone, sottoposti a perquisizione informatica da cui vennero estratti “oltre centomila files a contenuto pedopornografico”.
I dispositivi cellulari, dunque, venivano utilizzati per chattare con minorenni sotto falsi profili al fine di indurli a compiere atti di autoerotismo ed inviare foto e video intimi a contenuto sessualmente esplicito. Ma, benché l’accusa abbia sostenuto che l’utilizzo dei telefoni cellulari impiegati per gli scambi avvenisse in modo promiscuo da parte della coppia, la Difesa della donna sostenuta dall’avvocato Fabio Trombetta, si è appuntata sulla impossibilità di riconoscere il reale utilizzatore (in quanto persona fisica) dei telefoni cellulari usati per gli scambi a contenuto sessualmente esplicito. Ciò in quanto, mentre le minori mostravano i loro corpicini in atteggiamenti espliciti attraverso le cam, dall’altra parte la telecamera delle utenze finite sotto accusa era sempre oscurata e non consentiva di vedere chi si celasse dietro i falsi profili Instagram e whatsapp.
Fino a quando un giorno per sbaglio quella telecamera venne lasciata aperta per qualche istante ed apparve il volto di un uomo adulto. Così come in un’altra occasione, un genitore insospettito da uno strano utilizzo del telefono da parte delle figlie, contattò telefonicamente il falso profilo e pretese un incontro chiarificatore con l’uomo e la donna accusati di avere impersonato rispettivamente il fidanzatino virtuale della figlia e l’amica lesbica.
La scelta difensiva dell’avvocato Trombetta è stata principalmente quella di non riascoltare in dibattimento le minori che avevano reso sommarie informazioni testimoniali in fase di indagini e di acquisirne le loro dichiarazioni, ma anche di chiamare a testimoniare il compagno della donna il quale, giudicato separatamente, è stato ascoltato quale imputato di procedimento connesso con le garanzie di legge.
Attraverso l’esame ed il controesame dei testimoni, periti e consulenti tecnici, è emerso un quadro nel quale la figura della donna non era quella della complice in un perverso gioco di ruoli con il compagno così come dipinta dall’accusa, ma di una donna costretta a subire passivamente taluni comportamenti posti in essere dal suo uomo in una piccola abitazione del centro di Termini Imerese alta, senza mai prendere parte attiva alle condotte di quest’ultimo, senza agevolarne o rafforzarne il proposito criminoso e, quindi, senza mai intrattenere conversazioni erotiche con le minori, anche quando il falso profilo si presentava con nomi femminili, pure questi frutto della pura ed esclusiva fantasia del compagno il quale utilizzava profili fake sia maschili che femminili per conquistare la fiducia dei minori adescati.
Nel corso del processo, infatti, attraverso le prove dichiarative è emerso che la donna usciva da casa la mattina, stava fuori per le varie incombenze, si fermava dalla sorella, usciva con i cani e rientrava la sera. In quei pochi frangenti in cui stava all’interno dell’abitazione, era solita intrattenersi nel piano intermedio, mentre il compagno stava esclusivamente nella camera da letto al piano superiore, dove intratteneva conversazioni a sfondo sessuale con i minori. Ed anche quando la donna era venuta a conoscenza del contenuto sessuale delle conversazioni tra il compagno e le minori, la stessa si è lamentata di essersi sentita tradita, prendendo le distanze dal compagno, non condividendo i suoi comportamenti anomali.
Peraltro, dagli accertamenti informatici disposti dai consulenti tecnici, non è risultato nessun accesso al materiale pedopornografico riconducibile alla donna.
Così, a fronte di una richiesta dell’Ufficio di Procura, di condanna della donna alla pena di anni 10 di reclusione, la Corte d’Assise di Palermo ha invece ritenuto verosimile che il “gioco di ruoli” sia stato messo in atto unicamente dal compagno della donna, senza che quest’ultima venisse coinvolta in alcun modo, accogliendo in pieno la tesi difensiva dell’Avvocato Trombetta e mandando assolta la donna con formula piena per non avere commesso il fatto. Le motivazioni della Sentenza sono state depositate in questi giorni.
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