I fatti risalgono ad aprile del 2018, la sera di Pasquetta, allorquando, dentro l’abitato di Caccamo, andò in fiamme una vettura di proprietà di una donna, ex compagna di Vincenzo Firrantiello.
Le telecamere che filmavano la zona avevano ripreso tutto il momento dell’incendio, inquadrando così l’uomo che aveva appiccato le fiamme.
Le indagini dei carabinieri si indirizzarono immediatamente verso Vincenzo Firrantiello il quale negli ultimi periodi aveva avuto forti contrasti con l’ex compagna. Erano volate minacce ed insulti oggetto di varie denunzie.
La Procura della Repubblica ipotizzò che Firrantello avesse incaricato il cugino Cozzo, che era di Sciara, a compiere il misfatto.
Così la Procura durante le indagini preliminari autorizzò delle intercettazioni telefoniche tra Vincenzo Firrantiello ed il cugino Giorgio Cozzo.
A seguito di tali intercettazioni la Procura emise un ordine di perquisizione a carico di entrambi gli indagati.
I militari giunti a Sciara a casa di Giorgio Cozzo trovarono degli indumenti identici a quelli utilizzati dall’uomo che aveva dato fuoco alla macchina e che erano stati inquadrati dalla telecamera.
I carabinieri, inoltre, chiesero i tabulati telefonici dei due indagati e si accorsero che Giorgio Cozzo la sera dell’incendio, pochi minuti prima che la vettura andasse a fuoco, venne raggiunto da una telefonata ed il suo telefonino si agganciò alla cella del comune di Caccamo.
Questo dato, secondo l’accusa confermava la presenza del Cozzo sui luoghi del delitto.
Inoltre, la persona offesa dopo aver visionato le immagini della telecamera aveva sostenuto di avere riconosciuto Giorgio Cozzo come l’autore dell’incendio.
Tutti questi elementi accusatori spinsero la Procura della Repubblica a richiedere ed ottenere la misura cautelare nei confronti di entrambi gli indagati.
Dopo di ciò i due vennero rinviati a giudizio.
Nel corso del dibattimento gli avvocati Francesco Paolo Sanfilippo e Fabio Trombetta hanno eccepito l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche tra i due indagati per un vizio di forma. Il Tribunale ha dato loro ragione e così ha dichiarato non utilizzabili tali intercettazioni. I difensori hanno poi eccepito l’errore di valutazione dei militari laddove avevano sostenuto che il telefonino di Cozzo Giorgio si fosse agganciato alla cella del Comune di Caccamo.
Invero i legali, tramite il proprio perito informatico Dr Massimo Sanfilippo, hanno dimostrato che in realtà il telefono che si era agganciato alla cella di Caccamo era non quello dell’indagato, ma bensì quello del padre che lo aveva chiamato in quella circostanza.
Gli avvocati, inoltre, hanno posto l’accento sulla circostanza che il R.I.S. di Messina, cui la Procura aveva inviato le immagini estrapolate dalla videocamera, avevano concluso sostenendo che non fosse possibile effettuare alcuna comparazione con il volto di Giorgio Cozzo.
Ne conseguiva che nessun valido riconoscimento poteva esserci stato.
Infine, l’avvocato Trombetta ha dimostrato che la sera del 19 aprile 2019 il suo assistito era stato a casa di alcuni familiari e non si era mai allontanato.
Al termine del dibattimento il Pubblico Ministero ha chiesto la condanna a tre anni di reclusione per Vincenzo Firrantello e due per Giorgio Cozzo.
I difensori hanno chiesto l’assoluzione per non avere commesso i fatti. Il tribunale di Tribunale Imerese ha condiviso le argomentazioni della difesa e così ha assolto i due uomini con formula perché il fatto non sussiste e perché gli imputati non l’hanno commesso.
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