Termini Imerese: “A nisciuta di l’ottu iorna”

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Oggi dopo il matrimonio e finito il ricevimento, gli sposi vanno solitamente a dormire in albergo e l’indomani partono per il classico viaggio di nozze.

Non era così anticamente; ed addirittura fin verso la fine degli anni cinquanta del novecento, dopo la cerimonia in chiesa l’unico momento di svago era quello che si svolgeva nella sala di qualche circolo cittadino o spesso anche nella stessa casa dei genitori dello sposo.

Ma, diversamente da oggi, finita la festa gli sposi facevano subito ritorno nella propria casa; e da qui, tranne il marito ma solo per far fronte a qualche necessità, non uscivano per i primi otto giorni. La mattina successiva infatti arrivavano puntualmente le due suocere per dare “a bonlivata”, portare la colazione e sincerarsi che tutto fosse andato per il verso giusto!

Durante tutta la settimana poi, almeno così era dalle mie parti, “i sposini” aspettavano le visite di vicini e parenti che, a loro volta, non arrivavano mai a mani vuote ma portavano uova, zucchero, frutta e quant’altro poteva sembrar utile per passare in tranquillità quella settimana di “clausura”.

Finalmente la domenica successiva c’era “a nisciuta di l’ottu jorna” durante la quale marito e moglie parati a festa, si recavano in chiesa; in genere la stessa dove si erano sposati, per partecipare alla messa e quindi andare a pranzare insieme ai genitori. Il pomeriggio era poi dedicato alla visita di cumpari e cummari che, sapendo già del loro arrivo, per non sfigurare avevano predisposto un piccolo rinfresco.

Per l’occasione il marito indossava lo stesso abito che aveva usato per il matrimonio, ma con una cravatta diversa; mentre la moglie sfoggiava il cosiddetto “vistitu di l’ottu jorna” composto da gonna e giacca, ed al bisogno anche da uno spolverino, che aveva portato in dote. Era così che si concludeva la festa; dopodiché ci si doveva rimboccare le maniche e pensare a come portare avanti la famiglia.
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