Morte ai tedeschi e ai fascisti: dal diario di guerra del termitano Santi Mantia FOTO

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Morte ai Tedeschi e ai fascisti
(La liberazione di Firenze 11 agosto 1944)
Tratto dal Diario di guerra di Santi Mantia (1916-1991)

Era il 17 Giugno quando gli Anglo-Americani occuparono Perugia. Da tutti si vociferava che in pochissimo tempo sarebbero arrivati a Firenze.
Quanta delusione! I giorni passano e ancor nessuna arriva.
Intanto le cose sempre più peggioravano: per le strade è pericolosissimo camminare; ci si trova fra l’incudine e il martello… le uccisioni da parte dei cosiddetti patrioti continuano. Le retate da parte dei Tedeschi aumentano di giorno in giorno. Immaginate quindi in che stato d’animo si viveva in quei giorni veramente tristi e amari.
La vita era impossibile. I germanici lanciavano manifestini continuamente: “Se qualche soldato tedesco fosse ucciso, il vicinato e i parenti…”

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Spesso per le vie di Firenze si trovavano cadaveri di tedeschi e perciò le strade della periferia, dove veniva trovato il cadavere erano bloccate chiunque passava da quel luogo in quel momento veniva fucilato.
Verso le ore 20,30 si videro arrivare autocarri e macchine tedesche. Bloccarono le strade e incominciarono i rastrellamenti. Poveri noi!
Io, affinché fossi più sicuro, continuavo a portare la divisa militare. Però mi trovavo in brutti frangenti; secondo l’ordine della Repubblica sulle mostrine, al posto delle stellette si dovevano portare i gladi.
A Firenze, quando già gli Anglo-Americani erano quasi a 20 Km., non esisteva più né il comando tedesco né quello militare, perciò ognuno agiva come voleva.
Esistevano però ancora dei militi della S.S. italiana, che erano l’orrore dei cittadini. Chi portava i gladi era esposto alla morte da parte dei filo-inglesi o badogliani; chi non li portava era lo stesso esposto alla morte però dalla parte della S.S. italiana. Quindi immaginate in che stato ci trovavamo noi soldati.
Tutti i corpi si sciolsero, solo rimanemmo noi, perché “Sanità”, corpo neutrale, ma intanto i gladi bisognava portarli lo stesso. Anch’io per un periodo di tempo non li portai, ma quando mi dissero che i Militi Repubblicani portavano via, allora li indossai di nuovo.
Ecco in breve le condizioni in cui si trovò Firenze negli ultimi giorni della sua vita repubblicana.
Il rombo del cannone della guerra si sente, di giorno in giorno sempre più vicino. Però, in confronto alle altre città d’Italia, la vita in Firenze, sebbene i nuovi popoli sono alle porte, continua sempre con lo stesso ritmo. I teatri e i pubblici divertimenti sono sempre aperti al pubblico e il pane non manca. Si vive certamente sotto l’incubo della paura, pensando i giorni della ritirata del tedesco.
“Faranno saltare l’acqua… la luce… come si farà?” Questi sono i discorsi di tutti.
IL 29 LUGLIO 1944
Era il 29 luglio 1944, le vie di Firenze erano completamente deserte, i tram non funzionavano più i negozi chiusi o completamente sforniti di merce; la città dava un aspetto veramente lugubre.
Tutto questo era causato dai continui rastrellamenti e rapine da parte delle forze armate tedesche, che negli ultimi giorni ci hanno fatto provare il volto più vero della belva nazista e del fascismo.

Verso le ore 17 il comando tedesco pubblicò un comunicato del seguente terrore: “Fino ad oggi il Comando tedesco ha rispettato Firenze come città aperta (Quanta falsità!). Il Comando Anglo- Americano ancora non si è pronunziato, quindi per prevenire ad un eventuale bombardamento sui ponti dell’Arno da parte del nemico, è necessario che la gente abitante nelle vie adiacenti al fiume entro le ore 12 del 30 luglio sfollino verso il centro della città”.
Da questo bando apparve tutta la malvagità e la barbarie del popolo tedesco.
Tutta Firenze in un attimo fu in movimento: chi correva di qua, chi di là, ognuno cercava qualche casa dove poter alloggiare. A chi era completamente sprovvisto furono offerti dei locali pubblici, come scuole, convitti ecc.
Anch’io feci in movimento per lo sfollamento perché abitavo in Via Maggio, 27, strada molto vicino all’Arno.
Lo stesso giorno i vandali tedeschi tolsero l’acqua e la luce alla città, lasciandola in balia delle malattie e della fame, che torturò il popolo fiorentino per quasi quindici giorni, finché non entrarono gli Alleati, i quali portarono il pane, e ogni cosa necessaria.
Via S. Gallo verso le ore 14,30 fu popolata da civili e da soldati di sanità dell’Ospedale Militare. Da tutti si vociferava che alle ore 17 sarebbe incominciato lo stato di emergenza. Eravamo tutti felici, “Finalmente, è giunta l’ora”, ognuno diceva. Credevamo tutti che la stessa sera o al massimo durante la notte le truppe tedesche si sarebbero ritirati lasciando libera la città.
Quanta delusione! L’emergenza incominciò veramente, ma le truppe non si ritirano affatto. Si visse per ben otto giorni sotto l’incubo di un’angoscia indescrivibile. Bisognava star dentro notte e giorno, privi di acqua, di luce di viveri.
Mentre il popolo forestiero stava dentro, i soldati tedeschi saccheggiavano i negozi e le case degli sfollati. Questi erano i giorni della sconfitta, nel disordine della fuga il vero volto tedesco è apparso a tutti senza più possibilità di mascheramento.
L’iniziativa dei singoli ha gareggiato collo zelo dei comandi; ma si sono divisi i compiti. Ai singoli il saccheggio e il vandalismo nelle case e nei negozi, ai comandi il saccheggio degli ammassi, delle officine e la distruzione metodica dei pubblici servizi. Gli impianti del gas, dell’elettricità, dell’acqua, del telefono, della radio sono stati sistematicamente inutilizzati.
La continua propaganda a Firenze e la Radio tedesca avevano esaltato al mondo il gesto “generoso” (sciagurato!) di Hitler che avrebbe fatto di Firenze una “città aperta”; cioè indifesa e non utilizzata ai fini del combattimento. I Tedeschi dicevano che il Comando Alleato non voleva rispettarla come tale. Buffoni! Sono stati precisamente gli Alleati a considerarla libera e aperta e di fatti non effettuarono mai un bombardamento sul centro.
E il Comando Toscano della Liberazione Nazionale per non dar pretesto alle barbarie aveva ordinato alle Brigate dei Monti di restar lontano dall’abitato e a quelle che erano in città era stata vietata l’azione.
Il giorno 29 nel loro bando i Tedeschi, avevano detto che bisognava sfollare per prevenire ad un bombardamento sui ponti da parte degli Anglo-Americani. Fino, all’ultimo momento hanno cercato d’ingannare il popolo.
Non gli Alleati, ma sono stati proprio loro a far saltare i ponti. Tranne il Ponte Vecchio, tutti i ponti sull’Arno, anche quello di S. Trinita – il più bel Ponte d’Europa – sono stati sbriciolati. Mentre i fiorentini soffrono la fame e la sete dentro le proprie case chiusi come prigionieri, i Germani con le loro mine distruggono tutta Por S. Maria, Via Guicciardini, Via dei Bardi, dal Ponte Vecchio fino davanti gli Uffizi.
Più significativi però i furti e le rapine a mano armata
avvenuti. Nel saccheggio vandalico, nella distruzione di quello che non si poteva rubare, è riapparso in pieno lo spirito dei loro antenati.
Sì, il Nazismo questa volta ha avuto ragione, i Tedeschi di oggi sono veramente discendenti dei Vandali; dei Teutoni, dei Goti di duemila anni fa.

Chi per caso facesse una visita nel centro di Firenze, verso Ponte Vecchio e gli Uffizi, si farebbe un preciso concetto sui Tedeschi.
Tutto questo avvenne durante il periodo dell’emergenza.
Nel pomeriggio del 4 agosto 1944, l’VIII armata alleata, con l’aiuto dei partigiani riuscì a cacciare i Tedeschi della parte inferiore dell’Arno e quindi una parte di Firenze fu occupata in breve tempo. Mentre pattuglie alleate facevano delle perlustrazioni la parte centrale di Firenze era sempre in mano ai Tedeschi.
Erano le ore tre di notte, quando per le vie adiacenti al Ponte Rosso, vi era un via vai di persone che correvano verso il centro gridando: “I Tedeschi fanno saltare il Ponte Rosso”.
Tutte le persone che sentivano tale clamore si alzarono in attesa dell’ultima barbara impresa tedesca. Era un buon indizio, perché il Ponte Rosso era l’unica strada che conduceva a Bologna, quindi, poiché facevano saltare tale via, i Tedeschi si sarebbero ritirati anche dalla parte centrale di Firenze.
Verso le ore 6 si sentirono i primi scoppi e incominciavano a esplodere le mine.
Sul volto di tutti era visibile un senso di contentezza. Le strade erano attraversate da gente che aveva tutta l’aria di svagarsi beatamente e la cui tranquilla indifferenza non veniva turbata nemmeno dal rombo incessante dei cannoni ormai, vicini e dalle esplosioni delle mine con le quali i Tedeschi ci davano le ultime affettuose prove di amicizia, distruggendo tutto ciò che non potevano portar via.
Veniva al pensiero che era ormai prossima la fine dell’incerto, della odiosa dominazione nazi- fascista, in cui la vita, dei cittadini era posta alla mercé degli avidi istinti di quelle bestie scatenate.
Nessuna forza, né morale né materiale, esisteva più a proteggere gli averi, le case, le persone. Violati i domicili, rubato tutto quanto poteva suscitare la cupidigia dei nostri aguzzini, sottoposte le vie a frequenti sparatorie, uccisi senza motivo e deportati gli uomini, ognuno viveva nell’ansietà che uscendo, non si tornava più a casa, o che rifugiandosi sotto il tetto domestico, si potesse udire il prepotente bussare dei predoni.
Il gran giorno finalmente spuntò: verso le ore 9 uscirono in colonna i partigiani per cacciare fuori di Firenze quei pochi Tedeschi e fascisti che ancora osavano calpestare la terra della bellissima città.
Tutti sappiamo lo slancio col quale le prime squadre di giovanissimi che avevano atteso non inerti la loro giornata, sono corse incontro al nemico, di propria iniziativa, senza attendere ordini, ma per un naturale impulso del cuore.
Tutti li abbiamo visto, i nostri giovani e subito abbiamo riconosciuto in essi i figli migliori dell’Italia.
Abbiamo visto le barelle e i barroccini che portavano dal terreno della battaglia i primi feriti, i primi caduti, abbiamo visto l’affluire continuo dei rinforzi, per più di quattro giorni i nostri giovani si sono battuti da soli, non protetti dall’ombra dei carri armati e dei cannoni alleati.
La guerra passò per le vie di Firenze. Atroce e sanguinoso episodio dell’immane lotta civile che da anni travolge tutti i popoli del mondo. Il Tedesco prima di abbandonare completamente la città ha voluto ancora una volta mostrare con quanto sprezzo e cinico disinteresse per ogni elementare esigenza di vita del nostro popolo egli intenda condurre la sua guerra, che è guerra di sterminio, di rapina di stupro e di morte; guerra sleale condotta soprattutto contro la popolazione inerme e contro i più insigni monumenti della nostra cultura e del nostro passato.
Con gioia e con fierezza il popolo fiorentino salutò gli eserciti liberatori. Con gioia perché per loro quell’evento significava la fine di un periodo di sofferenze e d’umiliazione, l’inizio di una nuova fase della loro lotta.
Lotta che da anni hanno condotto contro il fascismo.
Con fierezza perché hanno avuto la coscienza di non presentarsi di fronte agli Alleati come i vinti di una guerra imperialista che il popolo italiano non ha voluto e nella quale contro la sua volontà è stato trascinato da una miserabile oligarchia d’inetti e di corrotti, bensì come i vincitori di una guerra civile, nella quale il fascismo ha definitivamente lasciato le penne.

Il sangue rosso della guerra civile, scorreva per le strade e le campagne di Firenze.
La guerra è appena passata sui tetti della città dei fiori ha sfiorato i nostri corpi, ha segnato i nostri spiriti, si è fermata ai nostri fianchi; ci si guardava tutti intorno, sembrava che non c’erano rimasti che gli occhi per piangere.
Mentre la lotta civile tra partigiani italiani e fascisti italiani infuriava per le piazze di Firenze – specie su Piazza Cavour, Piazza Berta, Campo di Marte, Rifredi, Ponte alle Mosse ecc. – si videro le prime pattuglie neo-zelandesi venir in aiuto dei patrioti; così solo poterono sterminare gli ultimi fascisti e Tedeschi che si ritirano sui colli di Fiesole, da dove continuamente cannoneggiavano la città artistica colpendo il Campanile di Giotto, la chiesa di S. Lorenzo, gli Ospedali Militari e tante altre opere d’arte.
Morte ai Tedeschi e ai traditori fascisti! Firenze finalmente esultò nella risorta libertà.
13 AGOSTO 1944
La grande attesa era finita nell’aria ardente di calore e radiosa di luce, ascendono le grida di tripudio, di giubilo, di gioia che preoccupano dal cuore di una umanità troppo lungamente oppressa.
Il grande giorno spuntò!
Siccome avevamo conseguito la tanto bramata libertà bisognava pensare primo di tutto di investigare il modo per raggiungere la famiglia, che da tempo bramavamo. Si venne a sapere che al Palazzo Pitti vi erano delle Commissioni che pensarono precisamente per il rimpatrio dei profughi. Mentre pazientemente si aspettava seduti all’ombra degli annosi alberi del Giardino dei Boboli, verso le ore 16 si senti il rumore degli autocarri inglesi, che finalmente, venivano a prelevarci. Era una colonna di più di trenta macchine.
Immediatamente in quel campo sorse una incredibile confusione. La gente (era immensa!) s’affettava a salire temendo di rimanere in Firenze. Urla, urti, cadute ecc. ecc.
E mentre avvenivano tutti questi movimenti si sentivano esplodere attorno al nostro campo i proiettili dell’artiglieria tedesca che continuamente martellava Firenze. Vivere incolumi in quei momenti era un miracolo di Dio. Proprio sul campo dove ero seduto io, mio fratello e gli altri miei compagni non appena si partì, due granate scoppiarono…


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