3.Fatti del giorno

Termini Imerese: c’era una volta “U signuruzzu a cavaddu”

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Anticamente anche a Termini Imerese, così come ancora si usa in taluni piccoli centri della nostra Sicilia, in occasione della Domenica delle Palme si ripeteva la antica tradizione del cosiddetto “Signuruzzu a cavaddu” che, come ci testimonia il professore Giuseppe Navarra nel suo libro “Termini com’era”, era un evento particolarmente atteso e partecipato.

Ecco come egli descrive quella festa

“Sceglievano un bambino di circa tre anni, che era nato il 25 dicembre, con i capelli biondi che venivano giù inanellati, gli facevano indossare una veste celeste e dei sandali, e gli cingevano la fronte con un nastro rosso, a mò di diadema. Poi lo mettevano a cavalcioni su di un asinello infiocchettato di nastri multicolori, e giravano così buona parte della città, mentre il bambino, con la mano alzata, faceva gesti come di benedizione.

Quando “U Signiruzzu” era stanco, qualcuno era pronto a sorreggergli la mano che benediva, mentre il gruppo era seguito da un codazzo di ragazzi e di adulti alcuni dei quali portavano palme e ramoscelli di olivo. I balconi erano gremitissimi di gente che acclamava, e su richiesta pressante di alcune persone di riguardo, il bambino veniva fatto smontare e condotto nelle loro case, dove veniva abbracciato, baciato e carezzato.

Seguivano i doni: denaro (quasi sempre una lira d’argento), dolci ed altri piccoli regali che il padre del festeggiato immetteva in un sacchetto che prudentemente aveva portato con se. Questa cavalcata durava almeno cinque o sei ore, ed il povero bambino doveva arrivare a casa stanco morto. Ma portava con se un gruzzoletto che il padre regolarmente confiscava…” 

Altri raccontano che il tutto si concludesse con una grande tavolata dove anche i doni raccolti venivano offerti a quanti avevano partecipato alla rappresentazione. E mi vien da pensare quindi che doveva esser veramente bello questo momento di festa popolare in cui si incrociavano fede e folklore; occasioni che val la pena ricordare, nella maggior parte dei casi erano appannaggio della civiltà contadina. Una comunità infatti, quella dei villici, che nella nostra città e fin negli anni sessanta, era particolarmente numerosa ed ancora legata alle antiche tradizioni che erano state tramandate da generazioni.

Nella foto dei primi anni del novecento condivisa da Carlo Aguglia un momento della festa con il gruppo che passa da Piazza La Masa a Termini Bassa. Il bambino si intravede appena; e per comodità l’ho segnato per voi con la freccetta gialla.
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Redazione

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