Papa Francesco nella sua Lettera Apostolica “Patris corde”, pubblicata in occasione del 150° anniversario della dichiarazione di Giuseppe quale patrono della Chiesa universale (8 dicembre 2020), ci aiuta a comprendere il vero senso della figura e dell’opera di uno dei santi più venerati al mondo.
San Giuseppe ha amato con cuore di padre; padre amato che “si pose al servizio dell’intero disegno salvifico” (S. Giovanni Crisostomo); inoltre padre della tenerezza, dell’obbedienza, dell’accoglienza; dal coraggio creativo, anche se ha vissuto sempre, nell’ombra.
La profonda venerazione si è sviluppata, lungo i secoli, con molteplici tradizioni popolari che, per esempio nel caso del “pio transito”, celebrato il 20 luglio dalla Chiesa orientale, è stata diffusa in Occidente dal domenicano milanese Isidoro Isolano che la inserì nella sua Summa donis St. Joseph, stampata a Pavia nel 1522, fra i 12 privilegi concessi a San Giuseppe, rivelati da Gesù ai discepoli sul monte degli ulivi. Così è raccontato: “Egli fra le braccia di Gesù e di Maria si consumò d’amore per il suo Dio”.
L’iconografia ha molto diffuso l’illustrazione del “transito” anche per rilanciare il culto di San Giuseppe come patrono “della buona morte”, da invocare naturalmente dopo aver attinto alla fonte dei sacramenti dell’Unzione degli infermi e dell’ Eucaristia, per una “buona e santa” morte.
A Caccamo il culto e la devozione, così come li conosciamo, probabilmente si sono diffusi all’inizio del XV secolo con l’opera dei Padri Teatini che, dalla loro chiesa di Palermo, dedicata a San Giuseppe, hanno raggiunto con la loro opera di evangelizzazione anche la nostra Città. Infatti la statua lignea, decorata con disegni ad altorilievo, autentico capolavoro da annoverare fra le più belle della Sicilia, porta la data del 1640 ed è attributo al grande Giacomo Serpotta.
La statua, ogni anno, durante la novena in preparazione alla Solennità, troneggia dall’alto dell’abside della Chiesa dell’Annunziata, al culmine di una gradinata “ ‘a scalunata ri san Giuseppi” illuminata una volta da torce di cera, adesso da lampadine elettriche che, non ha perso il suo fascino spettacolare che attira anche visitatori, oltre ai devoti caccamesi del santo.
L’opera che vogliamo segnalare si tratta di una imponente scultura in cartapesta opera di Carmelo Bruno da Lecce, eseguita nel 1923, esponente della famosa “scuola leccese”, nota in tutto il mondo per la maestria dei suoi artisti.
La scultura si lascia ammirare per la maestosità delle proporzioni, per la bellezza dei panneggi dei vari personaggi, l’insieme raffigurato ispira il raccoglimento e la preghiera anche per l’intensità che esprimono i volti che ne fanno un’opera da conoscere e da ammirare.
La scena del transito è dominata da un grande angelo alato che, con le ali sembra quasi circoscrivere la scena esprimendo il disegno divino che, sembra proteggere per quello che hanno compiuto chi come Gesù, Maria e Giuseppe si sono fidati della volontà del Padre. Lo sguardo di Giuseppe (secondo l’iconografia tradizionale è raffigurato da anziano) è rivolto con gli occhi verso il cielo in segno di fiducioso abbandono in Dio, da cui ha avuto in custodia il suo Figlio unigenito. Le mani di Cristo e della Vergine Maria tengono nelle proprie quelle di Giuseppe, espressione di una tenerezza unica. Gesù è seduto accanto a Giuseppe, il suo volto esprime un intenso raccoglimento, con il capo ripiegato su stesso, quasi a pensare a tutta l’opera compiuta dal suo padre “putativo” avuto da Dio, che lui ha amato come “vero” padre e da cui ha imparato ad essere uomo e lavoratore.
Dalla parte opposto si trova la Vergine Maria, in ginocchio con lo sguardo orientato a metà tra quello di Cristo e di Giuseppe quasi a richiamare i due “poli” che hanno orientato la sua vita e l’opera di obbedienza alla volontà di Dio. Le sue mani, teneramente stringono quella di Giuseppe, che l’aveva sorretta nel viaggio verso Betlemme, come nella fuga verso l’Egitto e che aveva faticato per provvedere al necessario della propria famiglia.
L’opera riprende nel suo insieme l’iconografia classica del transito, come si può vedere sui motori di ricerca cliccando “transito san Giuseppe”. Allo stesso tempo presenta delle varianti, privilegiando solo per fare un esempio, l’atteggiamento di Gesù che tiene fra le sue la mano di san Giuseppe, rispetto a quelle che lo vedono benedire suo padre prima di morire.
Oppure della Vergine Maria piangente, al cospetto del momento del trapasso di Giuseppe. Di fatto di preferisce, l’aspetto umano e intimo della vicenda, preferito a quello ieratico di altre opere.
L’opera arricchisce il patrimonio artistico della chiesa dell’Annunziata che, come le altre di Caccamo, sono arricchite di opere d’arte di ogni periodo storico: dall’arte bizantina fino ai nostri giorni, segno di una committenza non solo religiosa, attenta alle novità dei nuovi movimenti artistici di ogni epoca.
Basti nel nostro caso, ricordare gli affreschi di Gianbecchina (Giovanni Becchina) e i pannelli in gesso di Filippo Sgarlata, solo per citare i più famosi… per fare dell’Annunziata uno scrigno prezioso di fede e di arte per rendere lode a Dio, fonte di ogni santità e bellezza
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