Da Pola, Fiume e Zara verso la Sicilia per scappare dalle persecuzioni degli jugoslavi.
«La città di Termini Imerese ricorda gli esuli istriani, fiumani e dalmati, accolti fraternamente in questo luogo durante gli anni tragici del secondo dopoguerra»: nel prospetto dell’ex Caserma La Masa è affissa questa lapide, che ci ricorda come la Sicilia sia stata terra d’accoglienza: lo fu nel secondo dopo guerra, quando le conseguenze dell’esodo giuliano-dalmata si abbatterono su tutto il territorio nazionale.
Oggi, nel Giorno del ricordo, dedicato alle vittime delle foibe sul confine italo-jugoslavo, questa la testimonianza dell’accoglienza termitana agli esuli che trovarono rifugio in Sicilia.
Sono trascorsi 75 anni da quando oltre mille esuli istriani, fiumani e dalmati sono arrivati in città.
Termini Imerese ha accolto con diffidenza prima e con fraterno affetto poi gli italiani arrivati dal confine più turbolento d’Italia.
Un confine dove nel giro di pochissimo tempo si sono alternate le uniformi verdi degli italiani, quelle nere dei nazisti e infine quelle azzurre dei titini.
Costretta dagli eventi, la quasi totalità degli italiani,che viveva in quei territori, ha scelto di lasciare tutto per rimanere italiana.
Una scelta forte, dolorosa e che ha segnato per sempre la vita di questi italiani.
Hanno lasciato i luoghi natii, gli affetti più cari, il lavoro, le proprietà e vissuto un esilio mai finito.
Una volta giunti a Trieste, la loro destinazione fu uno dei 109 campi profughi presenti nel territorio nazionale.
Campi di raccolta profughi aperti su disposizione del Ministero degli Interni e sotto il controllo delle Prefetture.
Strutture spesso fatiscenti e poco accoglienti.
Gli esuli, arrivati in Italia, oltre alla scarsa vivibilità dei luoghi in cui furono accolti, hanno dovuto, spesso, fare i conti con la ritrosia dei residenti, che li vedevano come invasori e stranieri fascisti.
Oltre mille dei circa 300mila uomini, donne e bambini che hanno deciso di lasciare l’Istria e la Dalmazia sono arrivati a Termini Imerese.
Furono accolti al campo profughi La Masa. Uno stabile senza acqua calda, senza bagni e senza stanze.
Queste furono ricavate da tende grigie legate a fili di ferro che fungevano da pareti.
Nessuna intimità, quindi, per loro, ma solo dura sofferenza.
Termini Imerese è un luogo lontano, per tradizione e cultura, alle
terre dell’Adriatico orientale, ma, nel giro di pochi mesi, il processo di integrazione fu compiuto.
I termitani hanno mostrato sin da subito il lato migliore dei popoli del Mediterraneo.
L’accoglienza è stata, in tempi brevissimi, quasi perfetta.
Gli istriani, negli anni, hanno partecipato attivamente alla vita della città, dalla pallacanestro al carnevale.
Il campo profughi li ospitò dal 1948 al 1956, anno in cui chiuse definitamente; ai rimasti venne assegnato un alloggio popolare in via Ciringione a Palemo.
Fabio Lo Bono
(Nella foto Emilia la profuga)
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