Concessi i domiciliari alla donna che è stata condannata anche in appello a 30 anni per avere avvelenato il marito col cianuro. Il tribunale del riesame scarcera e concede gli arresti domiciliari a Loredana Graziano, 37 anni, nei cui confronti i giudici di secondo grado avevano confermato, il 30 gennaio, la pena per la morte del marito, Sebastiano Rosella Musico, 40 anni, avvenuta a Termini Imerese a gennaio del 2019.
Messa inizialmente ai domiciliari, dopo la condanna da parte del Gup di Termini (marzo scorso) era stata riportata in carcere: c’era l’ipotesi che potesse tornare a commettere lo stesso reato, l’omicidio, stavolta nei confronti del compagno. Il giudice le aveva per questo offerto la possibilità di andare in una casa attrezzata per detenute madri, ad Avellino, ma lei l’aveva respinta. Su ricorso del difensore, la Cassazione aveva ritenuto illogico il possibile nuovo omicidio, perché non ancorato ad alcun elemento sostanziale. Ora il riesame conferma che, nonostante il reato sia molto grave, viene prima di tutto l’interesse del figlio. La donna aspetterà la decisione finale sulla sua colpevolezza o innocenza (i suoi legali hanno preannunciato il ricorso in Cassazione) agli arresti.
Una vicenda quanto mai controversa, anche se in apparenza semplice, quella finita al centro del processo per il delitto Rosella Musico. Lui, pizzaiolo, sarebbe stato poco attento a una donna estroversa, che avrebbe voluto un figlio. Per questo, secondo la ricostruzione della Procura di Termini, lei avrebbe allacciato una relazione extraconiugale e poi avrebbe deciso di liberarsi del coniuge, somministrandogli cianuro e medicine anticoagulanti, il Coumadin, mischiati alle pietanze. Il quarantenne era morto il 22 gennaio 2019, fra atroci sofferenze, ma la sua morte era stata ritenuta dovuta a cause naturali. Un anno e mezzo dopo l’amante della Graziano, dopo la fine della loro storia, la aveva accusata davanti ai carabinieri: da lì la riesumazione del cadavere e l’autopsia, dall’esito inequivocabile. Nel frattempo Loredana aveva allacciato una nuova relazione ed era rimasta incinta: quando era stata arrestata era appena nato il suo bimbo e, dopo 16 giorni in carcere, era tornata a casa. A marzo dell’anno scorso la condanna (a 30 anni e non all’ergastolo, grazie al rito abbreviato) e il successivo ritorno in carcere.
Il 30 gennaio la seconda sezione della corte d’assise d’appello, presieduta da Angelo Pellino, aveva ribadito anche la sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale per tutta la durata della condanna. Antonina Filicicchia, madre della vittima, ha detto che non la perdonerà mai. Ma per ora l’imputata è ai domiciliari.
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