Una donna, una piccola imprenditrice, questa settimana è stata vista uscire dalla caserma dei carabinieri di viale Risorgimento accompagnata da un’amica: “È andata a dare qualche chiarimento”, ha confermato ieri il parente ben informato. Gli inquirenti, secondo quanto ricostruito, sarebbero stati già a casa sua a scattare qualche foto agli ambienti e lo stesso avrebbero fatto perquisendo la casa dell’altra, quella bionda coi capelli corti, commerciante.
Sono cinque le carte di identità contraffatte trovate nel covo di vicolo San Vito, a Campobello di Mazara, in cui ha trascorso l’ultimo periodo della latitanza il boss Matteo Messina Denaro. I documenti, tutti con la foto tessera del capomafia, sono intestati ad altrettante persone in vita e incensurate, alias che hanno prestato la loro identità al padrino di Castelvetrano per un periodo lunghissimo: circa 15 anni.
A consentire al boss di restare libero sfruttando le generalità altrui, dunque, non è stato solo Andrea Bonafede, il geometra che ha messo a disposizione di Messina Denaro i suoi documenti consentendogli di usarli nelle strutture sanitarie in cui è stato operato e si è curato. Gli investigatori stanno tentando di accertare se gli altri alias fossero a conoscenza della contraffazione.
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