Rhoda nacque nel 1834 il 10 ottobre a Madison County.
Era figlia di una coppia di contadini, visse in una fattoria di Gilmer Township, insieme ai suoi otto fratelli.
La ragazza ancora adolescente, si innamorò di un giovane fattore di nome Charles Phenix.
La madre del ragazzo non vedeva di buon occhio la relazione dei due, quindi proibì al figlio di vedere Rhoda.
La madre del ragazzo conosceva molto bene quello che si diceva sulla famiglia di Rhoda, in particolare parlavano della nonna materna della ragazza, accusata di essere una fattucchiera.
La madre del ragazzo un giorno parlò con Rhoda, minacciandola di farla esiliare se avesse continuato a vedere il figlio.
Molti credono che in quel preciso istante ebbe inizio la follia di Rhoda.
Rhoda, in preda alla disperazione, iniziò ad accusare la nonna in pubblicò dandole della strega e chiedendo che fosse cacciata dalla comunità.
La nonna, decise di trasferirsi in Pennsylvania per dar loro la possibilità di continuare a vivere pacificamente, prima di trasferirsi, si dice che abbia lanciato una maledizione alla nipote, che, all’epoca aveva 18 anni.
Nelle settimane successive alla partenza della nonna Rhoda iniziò a mostrare segni di squilibrio mentale.
La ragazzo iniziò a parlare da sola e a vestirsi con abiti sporchi e trasandati, divenne aggressiva con tutti quelli che provavano ad avvicinarsi a lei.
Man mano passava il tempo, le sue condizioni peggiorarono.
Iniziò a raccontare di sentire delle voci e a vedere l’Old Scratch, un essere conosciuto in tutta la cittadina come il maligno.
Ben presto cominciò anche a dire di avere visioni di Nancy Phenix ( la madre del ragazzo di cui lei era innamorata), e che la vedeva bruciare all’inferno.
Dopo le sue affermazioni, tutta la comunità, chiese ai genitori di allontanare la figlia e di rinchiuderla in un manicomio.
La giovane Rhoda venne mandata al Mental Hospital di Jacksonville.
A quei tempi l’istituto era molto affollato, in breve tempo la ragazza venne rimandata a casa, perché a detta dei medici era incurabile.
I genitori furono costretti a mandarla alla almshouse (erano case per i senzatetto, una specie di lazzaretto), da quel momento per Rhoda iniziò un vero inferno.
La giovane iniziò ad essere molto violenta, a tal punto da essere legata e immobilizzata.
In moltissime occasioni, Rhoda, sostenne di aver parlato con “Old Scratch”, Rhoda si accecò da sola graffiandosi fino a togliergli gli occhi e sprofondare nelle tenebre, pur di non vedere più quella terrificante figura.
Pur avendo compiuto quel gesto estremo i suoi comportamenti violenti e instabili non diminuirono affatto e la ragazza arrivò a battere con i pugni sui denti fino a rompersi tutti quelli anteriori.
Il personale della struttura, decise di rinchiuderla in una cassa di legno rivestita di tela di canapa, per paura che potesse far male a qualche paziente.
Una gabbia dove rimase rinchiusa per quasi 40 anni.
Le sue condizioni con il passare del tempo diventarono critiche.
I muscoli si atrofizzarono e le sue ossa divennero deboli per la mancanza di esercizio.
Solo grazie ad un articolo pubblicato sul Quincy Daily Journal il 12 febbraio 1892 si venne a sapere degli abusi e delle condizioni orribili in cui versavano quelli che vennero definiti “detenuti” della casa.
Rhoda fu liberata nel 1904 dalla scatola, grazie ad un dottore che volle prendersela a carico.
Il medico era il dottor George A. Zeller, un pioniere della psichiatria.
L’uomo la portò all’Asylum di Bartonville, lì finalmente Rhoda dopo 40 anni dormì su vero letto, cibo due volte al giorno e la possibilità di fare un bagno ogni giorno.
Rhoda purtroppo non riacquistò mai la postura eretta, iniziò a camminare con le mani perché le gambe erano paralizzate.
Il dottor Zeller prese a cuore il suo caso rendendo pubblica la sua storia, in modo da sollecitare i legislatori statali a far visita a Rhoda e ad assicurare servizi maggiori per i disabili mentali.
Rhoda è morì il 9 ottobre 1906.
Nessun componente della sua famiglia le fece visita da quando era stata trasferita.
Per prassi fu sepolta nel campus dell’istituto.
A quei tempi i defunti venivano classificati con dei numeri di matricola.
Rhoda ebbe il numero 217, ancora visitabile oggi.
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