Con il discorso di fine anno, il Presidente della Repubblica, quale garante della Costituzione, ha magistralmente posto alla ribalta il tema del superamento dei divari sociali e territoriali che vede enormi sperequazioni tra le diverse regioni, tra il Nord e il Sud.
Questi divari incidono nell’esercizio concreto dei diritti dei cittadini: nella scuola, nella sanità, nella formazione e nel mercato del lavoro, nella mobilità, nei servizi sociali e culturali, perfino nella prospettiva di vita.
È il tema che vede impegnati da più di un anno i Sindaci del Sud Italia di tutti gli schieramenti politici. Riuniti in un’apposita Rete, la Rete Recovery Sud (che presto si trasformerà in una associazione), essi, finalmente, hanno avuto l’attenzione della stampa e della televisione nazionale per via che hanno scritto al Presidente della Repubblica per ringraziarlo e per essere ascoltati.
Non sembri questo un vuoto esercizio. Il tema dell’Autonomia differenziata che il Governo vuole introdurre con il Disegno di legge del Ministro Calderoli, acuisce i divari e sarebbe la pietra tombale per il Sud.
Introdotta nel 2001 ma mai pienamente presa in considerazione, ha avuto una sua accelerazione con i referendum della Lombardia e del Veneto a cui si è aggiunto anche il progetto dell’Emilia Romagna. A distanza di 20 anni, e dopo la pandemia che ha scoperchiato tutti gli irrisolti nodi storici della ‘questione meridionale’, tant’è che i fondi del PNRR sono stati assegnati proprio con la logica di recuperare questo gap nel ritardo strutturale delle regioni del Sud rispetto a quelle del centro-nord, questo progetto di autonomismo differenziato si rivelerebbe un colpo mortale per il Sud. Non farà altro che rendere più forti le regioni del Nord (anche con l’ausilio e il supporto dei milioni di cervelli in fuga dal Sud e dalla Sicilia per via dei divari) e più deboli le regioni del Sud, scardinando definitivamente il sistema-paese unitario.
Per avere chiaro di cosa si discute quando si parla di divari territoriale NORD/SUD basta leggere i rapporti della Banca d’Italia, dello SVIMEZ, della Fondazione Migrantes o le statistiche dell’Istat.
Il rifiuto oggi, tout court, di questa prospettata autonomia differenziata è l’unica scelta veramente resiliente e perfino rivoluzionaria che ancora le residuali classi dirigenti del Sud possono mettere in campo, se vogliono sopravvivere, prima di essere estromessi del tutto da ogni e qualsiasi prospettiva di vivibilità e prosperità possibile per i loro territori.
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